Bianca di Savoia, più forte della morte

Un altro articolo di Luigi Barnaba Frigoli, studioso dei Visconti e autore del romanzo storico “La vipera e il diavolo”

Galeazzo Visconti dal Girolamo Porro, Sommario delle vite de' duchi di Milano, cosi Visconti, come Sforzeschi, Venezia, 1574

Galeazzo Visconti dal Girolamo Porro, Sommario delle vite de’ duchi di Milano, cosi Visconti, come Sforzeschi, Venezia, 1574

Dietro un grande uomo, c’è sempre una grande donna. Quasi sempre una moglie, molto spesso un’amante. Nel caso di Gian Galeazzo Visconti, primo duca di Milano e re d’Italia mancato, la donna forte celata nell’ombra fu la madre. Bianca di Savoia, colei che lo sostenne e, anzi, lo spronò  ad andarsi a prendere la gloria imperitura, senza guardare in faccia a nessuno.

Bianca nacque nel 1336, dal conte Aimone di Savoia, detto il Pacifico, e da Violante, erede della famiglia dei Palelologhi di Monferrato, imparentata nientemeno che con gli imperatori di Bisanzio.

Fanciulla, crebbe negli splendidi palazzi alpini tra Francia e Italia e i suoi occhi poterono nutrirsi da subito della bellezza di monti, laghi, prati e foreste. Luoghi ideali per gli spensierati giochi con i due fratelli, il maggiore Amedeo VI (che diventerà il valoroso Conte Verde) e il minore, Giovanni. Le cronache raccontano che sin dalla più tenera età Bianca visse immersa nella bambagia, nel lusso, nell’eleganza.  Al suo servizio aveva balie e camerieri e ben due cuochi personali, incaricati di prepararle e metterle in tavola ogni sorta di manicaretto. Un sarto provvedeva a confezionarle meravigliosi abiti coi tessuti più preziosi. Si dilettava col giardinaggio e prendeva lezioni di equitazione. Aimone e Violante, però , si preoccuparono, privilegio tra i privilegi, di farle possedere anche molti libri, affinché potesse avere un’istruzione. Insomma, un piccola regina, amata e coccolata, servita e riverita. Felice.

Albero genealogico dei Paleologi

Albero genealogico dei Paleologi

L’idillio ebbe presto conclusione. Nel 1342 Violante, tanto gentile quanto delicata, venne stroncata da un’improvvisa malattia. L’anno successivo pasòs  a miglior vita Aimone. E la piccola “domicella”, a soli sette anni, si ritrovò orfana. Ma la definitiva parola fine all’età dell’innocenza della piccola la mise la prematura dipartita del fratellino Giovanni, suo inseparabile compagno di giochi. Tre lutti uno appresso all’altro, che devastarono il suo mondo incantato, facendola inesorabilmente sprofondare nel nero abisso dei sogni che s’infrangono appena sbocciati.

Tomba di Aimone e Violante "Aimon Yolanda" di Samuel Guichenon - Histoire généalogique de la royale maison de Savoie. Con licenza Pubblico dominio tramite Wikimedia Commons -

Tomba di Aimone e Violante “Aimon Yolanda” di Samuel Guichenon – Histoire généalogique de la royale maison de Savoie. Con licenza Pubblico dominio tramite Wikimedia Commons –

Morto Aimone, le redini del dominio spettavano ad Amedeo, che di anni, però , non ne aveva nemmeno dieci. I due fratelli superstiti vennero dunque affidati alla tutela di Amedeo III conte di Ginevra e di Ludovico di Savoia-Vaud. I quali iniziarono a guardarsi attorno per apparecchiare un matrimonio di tutto rispetto per la sfortunata contessina. Un bocconcino così prelibato (cui tra l’altro il padre aveva lasciato in eredità 30mila fiorini d’oro) non poteva certo essere ceduto al primo cavaliere di passaggio. Qualche storiografo ha azzardato che da Chambery, capitale savoiarda, si fossero intavolate trattative con la corona inglese, per concedere la mano di Bianca a Edoardo III. In realtà, sin da subito i suoi tutori pensarono a Galeazzo II, uno dei più promettenti rampolli della famiglia Visconti. “Singolarissimo, fra i giovani del suo tempo, per bellezza e per virtù”, nonché, per magnificenza, “eguale a qualsivoglia re” lo descrive Paolo Giovio nelle sue Vite. L’anno buono fu il 1350, quando, dopo la morte di Luchino Visconti, l’arcivescovo di Milano Giovanni, che del defunto sovrano era il fratello, mise entrambi i nipoti, Bernabò  e Galeazzo II, sul trono e diede il proprio assenso affinché unissero i propri destini, in una lungimirante ottica di alleanze, il primo a quello della veronese Beatrice Della Scala, il secondo a quello di Bianca.
La figlia di Aimone di Savoia aveva allora 13 anni. Galeazzo 29. Il fatidico sì venne pronunciato alla fine di settembre, a Rivoli, tra banchetti, giostre e tornei (un evento rievocato ancor oggi). Il 7 ottobre i due sposi entrarono nella città di Sant’Ambrogio, acclamati da una folla festante. Ed esattamente un anno dopo, quattordicenne, Bianca diede alla luce il suo primo figlio, che venne battezzato Gian Galeazzo. Colui il quale porterà Milano all’acme, ottenendo il titolo ducale e sfiorando l’impresa di riunire l’Italia, cinquecento anni prima di Vittorio Emanuele II, sotto un’unica corona.

Il tempo di riprendersi dal parto ed ecco che la sposa-bambina restò  nuovamente incinta, questa volta di una femmina, cui venne imposto, in onore della nonna materna, il nome di Violante. A nemmeno di vent’anni, la contessina venuta dalle Alpi era già madre di due bimbi. Li tirò su tra Milano e Pavia, città che il marito aveva scelto come propria capitale, costruendovi un possente castello, dotato di un parco meraviglioso, e fondandovi l’università, che attirò  ben presto uomini di scienza, eruditi, artisti e letterati da tutta Italia. Tra questi, ciliegina sulla torta, il grande Francesco Petrarca, per anni gradito ospite di Galeazzo e Bianca.

Pavia viscontea riprodotta in un affresco in S. Teodoro, con S. Antonio abate in primo piano (attribuito a Bernardino Lanzani, 1522)

Pavia viscontea riprodotta in un affresco in S. Teodoro, con S. Antonio abate in primo piano (attribuito a Bernardino Lanzani, 1522)

Fu il periodo più felice per la contessina, che ora divideva il titolo di signora di Lombardia assieme con la cognata Beatrice. Se Bianca aveva figliato due volte, la scaligera consorte di Bernabò  era una invece vera e propria macchina della fertilità: quindici figli sfornò al marito, dieci femmine e cinque maschi, quasi tutti accasati con i rampolli delle più nobili casate d’Italia e d’Europa. Bianca e Galeazzo provarono a non essere da meno. E così, nel 1360, nel letto di Gian Galeazzo riuscirono a piazzare la figlioletta del re di Francia, Isabella di Valois, mentre Violante fu data in moglie a un altro figlio illustre, Lionello, secondogenito del re d’Inghilterra. Dalla principessina francese arrivarono presto due nipotini:

Valentina e Azzone. Inutile dirlo: a Bianca, privata in tenera età dei propri affetti più cari, parve di toccare il cielo con un dito. Mentre suo marito accresceva il proprio potere con vittoriose campagne militari, lei poteva finalmente lasciarsi alle spalle i lutti che avevano rovinato la sua infanzia, godendosi gli sfarzi della corte pavese, circondata da lusso, arte e cultura (fu lei a portare per prima sugli scaffali della biblioteca viscontea la Commedia di Dante) e, soprattutto, dall’affetto dell’adorata nuora, per la quale, più che una suocera, fu quasi una seconda madre, e dei suoi due pargoletti.

Gioie destinate, ancora una volta, a durare poco. La nuova, e più lunga serie di pugnalate al cuore di Bianca ebbe a cominciare nel 1366: incinta del terzo figlio, non riuscirà a portare a termine la gravidanza. Le pene sono solo all’inizio. 1368: Violante rimane vedova, dopo pochi mesi di matrimonio. Si risposerà altre due volte. Ed entrambe le nozze risulteranno maledette.  Nel frattempo, l’aitante Galeazzo inizia ad essere fiaccato nell’anima e nel corpo dalla podagra.

Stemma di Isabella di Valois

Stemma di Isabella di Valois

1372, altro colpo di mannaia:  Isabella muore dando alla luce il terzogenito di Gian Galeazzo, Giovannino, che le sopravvive solamente pochi mesi. Negli anni successivi, la Sfortuna, il Fato o chissà quale altra divinità nefasta non smettono di accanirsi. 1378: acciacchi e reumatismi danno il colpo finale a Galeazzo II. 1380: un altro terribile morbo si porta via il piccolissimo Azzone.  Bianca è sconvolta: l’incubo della sua infanzia si rimaterializza. Sorella Morte ha ricominciato, inesorabile, a falcidiare i suoi affetti, i suoi sogni e desideri. Oltre alla sventurata Violante, le restano oramai solo Gian Galeazzo e Valentina. Nell’altro ramo della famiglia, invece, si prolifera e si prospera. Grazie alla loro prole infinita, Bernab  e Beatrice sono ormai imparentati con le più potenti dinastie della Cristianità. Non solo: approfittando della morte del fratello, Bernab  cede ai suoi figli l’imperio sulle principali città del dominio, tenendo Milano per sé. Poi, in posizione di forza, impone a Gian Galeazzo di sposare sua figlia Caterina, tra l’altro nello stesso giorno delle esequie di Azzone. È a questo punto che Bianca ha una vera e propria rivelazione: il figlio, “accerchiato” dallo zio e dai cugini (Beatrice, nel frattempo, ha reso l’anima all’Onnipotente), rischia di restare schiacciato, estromesso dalla linea dinastica, privato della porzione che gli spetta della torta del potere. Nei celebri Lamenti di Bernabò  Visconti si narra addirittura di una visione avuta da Bianca, nella quale Gian Galeazzo viene divorato da uno spaventoso serpente emerso dalle viscere della terra. Stavolta il Destino non cala la sua scure senza preavviso. Questa volta dà a Bianca la possibilità di scegliere. E tanta grazia arriva con un sogno premonitore. Una vera e propria epifania. Occorre reagire ed agire. Prevenire ogni possibile colpo di mano.

Più forte delle sventure, digerite tutte con stomaco d’acciaio e invidiabile compostezza, la nobile savoiarda comprende che, attraverso il suo primogenito, la Provvidenza le sta offrendo l’unica, sola ed ultima occasione per coronare una vita, la sua, destinata a rifulgere, ma che invece il Fato, o chi per esso, non ha mai cessato di costellare di dolore e sventure.

Bianca, dunque, prende il figlio a quattr’occhi e lo mette alle strette. “Sinora hai vissuto all’ombra di tuo padre. Hai passato le giornate a caccia oppure a rimpinguare la tua biblioteca. Hai fondato chiese e cappelle. Ti sei dilettato con giostre e tornei. Ma ora per te è arrivato il momento di crescere. Tuo zio e i tuoi cugini ti vogliono far fuori. Anticipali. Fai a loro ciò che loro vogliono fare a te. Subito, senza remore”. Il discorsetto ha effetto. Detto fatto: il 6 maggio 1385 Gian Galeazzo tende un tranello a Bernabò  e ai suoi figli. Li fa arrestare. Li sbatte in gattabuia e in gattabuia li fa marcire fino alla fine dei loro giorni. Poi, e anche qui probabilmente c’è lo zampino di Bianca, invia a tutti i potentati d’Italia e d’Europa un dossier, dove vengono elencate le nefandezze dei parenti e in particolare quelle dello zio. Alcune vere, la maggioranza inventate di sana pianta. Ma tant’è. Ora il trono è suo. Unicamente suo.

Valentina Visconti

Valentina Visconti

Bianca ha 49 anni. Ha visto cadere e trapassare, uno a uno, tutti i suoi cari, il padre, la madre, il fratello, il marito, un figlio, tre generi, una nuora e tre nipoti. Una strage. Uno stillicidio di affetti che avrebbero maciullato l’anima anche a una statua di marmo. La figlia di Aimone, invece, è ancora in piedi. E ha saputo prendersi la sua rivincita. Ha salvato la cosa più importante, ciò  di cui il Cielo ha sempre cercato di privarla: la stirpe. Grazie a lei il patto di sangue tra Savoia e Visconti non si estinguerà. Andrà avanti. E raggiungerà vette mai raggiunte prima. Gian Galeazzo – Bianca lo sa – ha di fronte un avvenire fulgido. E così la nipote Valentina, nel frattempo promessa al fratello del re di Francia. Lei non avrà modo di vederli trionfare. Ma potrà chiudere gli occhi, se non serena, se non felice, almeno speranzosa. Consapevole di essere riuscita a vincere, magra consolazione, immensa consolazione, il round più importante della sua dura esistenza. E li chiuderà, infine, quegli occhi, che chi scrive si immagina chiari e circondati dalle rughe di lacrime versate di nascosto. Il tempo di seppellire anche la figlia Violante e di fondare un monastero dedicato a Santa Chiara, l’ultimo giorno dell’anno 1387 dell’era di Cristo.

BIBLIOGRAFIA MINIMA:

  • Muratore, “Bianca di Savoia e le sue nozze con Galeazzo II Visconti”, in Archivio Storico Lombardo, Vol. VII, Anno XXXIV, 1907
  • Giovannini, “Le donne di Casa Savoia”, Perrella, Milano 1903
    Annales Mediolanenses in L. Muratori, R.I.S., Vol. XVI
  • Limongelli, Lamento di Bernabò Visconti, Trento 2010
  • Giovio, Vite dei dodici Visconti
  • Cognasso i Visconti

 

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