Il “grog” nordico – dagli scavi all’archeologia sperimentale

Illustrazione tratta da "Historia de Gentibus Septentrionalibus" di Olaus Magnus

Illustrazione tratta da “Historia de Gentibus Septentrionalibus” di Olaus Magnus

Gli inverni in Scandinavia erano lunghi e freddi nell’Età del bronzo e del ferro, allora come oggi, ma un fuoco ardente non era l’unica cosa che scaldasse le persone. Dal nord-ovest della Danimarca, intorno al 1500-1300 a.C., fino all’isola svedese di Gotland nel tardo I secolo d.C., i popoli nordici erano soliti sorbire il “grog“, una bevanda costituita da una ricca miscellanea di ingredienti locali, tra cui il miele, mirtillo palustre, mirtillo rosso, mirica, achillea, ginepro, resina di betulla, e cereali come grano, orzo e/o  segale e qualche volta, vino d’uva importato dall’Europa meridionale o centrale. Questa è la conclusione basata su nuovi test chimici effettuati su residui rinvenuti in vasellami di ceramica e di bronzo provenienti da quattro siti in Danimarca e Svezia, confrontati con precedenti dati archeobotanici.

Mirtillo palustre (Vaccinium uliginosum)

Mirtillo palustre (Vaccinium uliginosum)

La ricerca (“Un approccio archeologico biomolecolare al ‘grog nordico’”, “A biomolecular archaeological approach to ‘Nordic grog’”) è stata recentemente pubblicata online sul  Danish Journal of Archaeology (23 dic 2013). Il principale autore della ricerca è Patrick E. McGovern, Direttore Scientifico del Progetto Archeologia Biomolecolare presso l’University of Pennsylvania Museum of Archaeology and Anthropology e autore del Uncorking the Past: The Quest for Wine, Beer and Other Alcoholic Beverages (University of California Press, 2009), che ha collaborato con i colleghi Gretchen R. Hall (University of Pennsylvania Museum) e Armen Mirzoian (Scientific Services Division, Alcohol and Tobacco Tax and Trade Bureau [TTB], US Treasury), con campioni chiave e testimonianze archeologiche fornite dai colleghi scandinavi.

 

 

 

Col dottor McGovern abbiamo già fatto conoscenza nella prima parte del nostro articolo sulla storia del vino, ma come vedrete più avanti quest’uomo non smette di stupirci.

Achillea (Achillea millefolium)

Achillea (Achillea millefolium)

Le nuove testimonianze archeologiche biomolecolari forniscono la prova concreta di una tradizione nordica molto antica, diffusa, e di lunga durata, dell’uso del grog,  con sapori caratteristici e probabili scopi medicinali. Attestano inoltre chimicamente l’importazione di vini di uve dall’Europa meridionale o centrale antecedente il 1100 a.C. e vengono dimostrati sia il prestigio sociale e culturale annesso al vino che la presenza di una rete commerciale attiva in tutta Europa più di 3.000 anni fa.
“Lungi dall’essere i barbari così vividamente descritti dagli antichi greci e romani, gli antichi scandinavi, abitanti della parte più settentrionale della cosiddetta Proxima Thule, si rivelano con queste nuove evidenze come un popolo dalle capacità innovative nell’utilizzo di prodotti naturali a loro disposizione per produrre bevande fermentate del tutto caratteristiche”
fa osservare il dottor Patrick McGovern. “Essi non erano contrari nell’adottare i servizi da tavola dell’Europa centro-meridionale, poiché bevevano le loro bevande preferite da vasellame importato e spesso ostentatamente grande. Così come non erano contrari all’importazione e il consumo di bevande tipicamente meridionali, come il vino d’uva, sebbene qualche volta mescolate con ingredienti locali”.

Havorhoardweb

Tesoro di Havor I secolo (per gentile concessione di E. Nylen e Statens Historiska Museum, Stockholm)

Per raggiungere le loro conclusioni, i ricercatori hanno analizzato campioni di residui da quattro siti in un raggio di 150 miglia dalla Svezia meridionale comprendendo la Danimarca. Il più antico, datato 1500-1300 a.C., proviene Nandrup nel nord-ovest della Danimarca, dove un principe guerriero era stato sepolto in una bara di quercia con una spada in bronzo dalla massiccia impugnatura, un’ascia, e un vaso di ceramica il cui interno era rivestito da un residuo scuro che è stato campionato. Un secondo campione danese, datato ad una fase successiva dell’ Età del Bronzo nordica, circa 1100-500 a.C., proveniva da un tesoro sepolto in Kostræde, a sud ovest di Copenhagen. E’ stato campionato il residuo brunastro che colmava i fori di un colino di bronzo, il più antico colino ad oggi recuperato nella regione. Un terzo campione danese è il residuo scuro sulla base interna di un grande secchio di bronzo ritrovato nella bara di legno di una donna di 30 anni, risalente alla prima Età del Ferro romana , circa 200 a.C., a Juellinge sull’isola di Lolland , a sud ovest di Kostræde. Il secchio era parte di un set romano da vino, di cui la donna teneva il colino nella mano destra. Ancora una volta è stato rilevato un residuo bruno-rossastro all’interno di un colino da vino di importazione romana nel quarto campione. Risalente al I secolo d.C., apparteneva a un tesoro, che comprendeva anche una grande torque d’oro e un paio di campane in bronzo, rinvenuto a Havor sull’isola svedese di Gotland nel Mar Baltico.
Secondo il dottor McGovern, l’importazione di vini dal sud, che ora si dimostra sia iniziata, anche se solo sporadicamente verso la fine del secondo millennio a.C., crebbe rapidamente, e alla fine eclissò la produzione tradizionale del grog , ma mai completamente. Molti degli ingredienti del grog continuarono a essere consumati nella cosiddetta “birra di betulla”, una bevanda analcolica ricavata in realtà da corteccia di quercia, e come i principali agenti amaricanti (i cosiddetti “gruit”) per le birre medievali, prima che il luppolo guadagnasse popolarità e la “legge di purezza” (Reinheitsgebot)  emanata in Baviera nel 1516 limitasse gli ingredienti della birra a orzo, luppolo e acqua, divenuta poi la norma standard nel nord Europa.

“La cosa più simile al grog attualmente è prodotta sull’isola di Gotland, nel Mar Baltico. Nelle fattorie di quella zona potreste gustare la Gotlandsdryka , prodotta con orzo, miele, ginepro e altre erbe come nella versione antica. Questa nuove evidenze di un’antica tradizione sono in sintonia con i moderni scandinavi, che apprezzano molto le bevande alcoliche e le intendono come parte intrinseca della tradizione nordica e vichinga.”

Tomba della "Ragazza di Egtved, 1370-1390 a.C.; il secchio sulla destra contiene tracce di birra di grano, miele, mirtillo (per gentile concessione del Museo Nazionale di Danimarca )

Tomba della “Ragazza di Egtved, 1370-1390 a.C.; il secchio sulla destra contiene tracce di birra di grano, miele, mirtillo (per gentile concessione del Museo Nazionale di Danimarca )

Di cosa parla McGovern riferendosi alla tradizione? Una leggenda norrena racconta che dopo la guerra tra le due razze di dei, gli  Æsir e i Vanir, le due parti si riunirono per sancire tra loro la pace e sputarono in una coppa in segno di riconciliazione. Più tardi, gli Æsir, non volendo far perire quel simbolo di pace, crearono un uomo da quella saliva. Questi fu Kvasir e fu l’essere più saggio mai esistito. Non vi era domanda alla quale non sapesse rispondere. Più tardi, Kvasir partì per un viaggio per dividere con le genti la propria saggezza; fermatosi per la notte a casa di due fratelli nani, Fjalarr e Galarr, venne assassinato da questi, i quali ne raccolsero il sangue in alcune coppe e lo addolcirono con il miele. Questo composto fermentò e diede origine a un magico idromele che rendeva poeta e saggio chiunque lo bevesse.

I due fratelli, Fjalarr e Galarr, in seguito assassinarono il gigante Gillingr e sua moglie, anch’essi fermatisi per la notte a casa loro; ma non passò molto tempo che il gigante Suttungr, figlio di costoro, venne per vendicarsi della morte dei genitori. Prese i nani dalla loro casa e li portò in mezzo al mare, su una scogliera che sarebbe stata sommersa non appena fosse giunta l’alta marea, dove questi, per aver salva la vita, diedero al gigante il loro prezioso idromele. Geloso dell’idromele, Suttungr lo depose in una caverna e vi mise a guardia sua figlia, Gunnlöð.

Huginn and Muninn siedono sulle spalle di Odino in questa illustrazione di un manoscritto islandese del XVIII secolo.

Huginn and Muninn siedono sulle spalle di Odino in questa illustrazione di un manoscritto islandese del XVIII secolo.

Avuto notizia di questi avvenimenti dai suoi due corvi, Huginn e MuninnOdino decise di intraprendere un viaggio per recuperare l’idromele. Cambiatosi di sembianze, si avvicinò ad un campo del fratello di Suttungr, Baugi, dove stavano lavorando nove suoi servitori: a costoro propose di affilare i falcetti, e questi acconsentirono. Odino affilò con tale maestria le roncole, che i contadini gli proposero di comprargli quella cote. Egli accettò, e lanciò in aria la pietra: i servitori, desiderosi di averla per sé, si sbracciarono per prenderla e con i falcetti si uccisero a vicenda.

Odino sotto forma di aquila che scappa dal gigante Suttungr, vomitando l'idromele nella coppa.

Odino sotto forma di aquila che scappa dal gigante Suttungr, vomitando l’idromele nella coppa.

Arrivato sul campo, Baugi si disperò per la sua disgrazia. Odino si propose di lavorare per tutta l’estate per lui, usando il nome fittizio di Bölverkr, facendo il lavoro di nove uomini, e in cambio chiese solo tre sorsi dell’idromele del fratello; non intuendo il raggiro di Odino, Baugi accettò, e alla fine del periodo di lavoro andò a chiedere tre sorsi del sangue di Kvasir, a suo fratello, che rifiutò prontamente. Allora Odino propose a Baugi di rubare l’idromele ed egli accettò: mentre costui scavava un buco con una trivella, Odino si trasformò in serpente e si infilò nel buco; Baugi si sentì tradito e cercò di infilzare Odino con la trivella, ma con scarsi risultati. Il dio in seguito giacque per tre notti con la figlia di Suttungr, Gunnlöð, e ottenne da lei il permesso di bere tre sorsi: con questi vuotò l’enorme calice da tutto l’idromele e volò via, trasformandosi in aquila. Il gigante Suttungr però, avvedutosi dell’inganno, si trasformò a sua volta in aquila e inseguì il dio fino alle mura di Ásgarðr, dove giurò vendetta agli dèi, e tornò alla sua dimora.
Odino vomitò l’idromele all’interno di una coppa: ma nella fretta di scappare dal gigante Suttungr fece cadere alcune gocce fuori dalla coppa; quegli scarti di idromele, sono la fonte di ispirazione dei poeti di scarso livello, non ispirati dagli dèi. La coppa che ospitò il sangue di Kvasir venne dal quel momento in poi offerta ai guerrieri che entrano nel Valhalla, e ai poeti.

il fondatore della Dogfish Head Craft Brewerye Sam Calagione e il Dr. Patrick McGovern, Direttore Scientifico del Progetto Archeologia Biomolecolare presso l'University of Pennsylvania Museum of Archaeology and Anthropology, mentre producono un antico grog.

Il fondatore della Dogfish Head Craft Brewerye Sam Calagione e il Dr. Patrick McGovern, Direttore Scientifico del Progetto Archeologia Biomolecolare presso l’University of Pennsylvania Museum of Archaeology and Anthropology, mentre producono un antico grog.

 

Come ultima novità, la Dogfish Head Craft Brewery con sede a Delaware, in collaborazione con il dottor McGovern, ha ri-creato la sua versione dell’antico grog nordico. E ‘l’ultimo nato della celebre serie Ancient Ale , iniziata nel 2000 con Midas Touch. Opportunamente chiamato Kvasir, è una mistura di birra di orzo e frumento invernale , vino di mirtillo rosso e idromele, condito con mirto palustre, achillea, trifoglio e sciroppo di betulla.
Una seconda versione di questa bevanda è stato prodotta, sempre in collaborazione, nella primavera del 2013 a Nynashamns Ångbryggeri sulla costa orientale della Svezia, proprio di fronte all’isola di Gotland. Chiamato Arketyp, è ora disponibile nei negozi locali (Systembolaget).

 

 

 

Kvasyr della Dogfish Head prodotta in collaborazione con il dottor McGovern. Sull'etichetta una rappresentazione della "Ragazza di Egtved"

Kvasir della Dogfish Head prodotta in collaborazione con il dottor McGovern. Sull’etichetta una rappresentazione della “Ragazza di Egtved”

Per chi volesse ascoltare la loro esperienza il video in inglese

 Articolo originale in inglese  liberamente tradotto e commentato da La Storia Viva

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