IN MOSTRA A MILANO LE PRIME FOTOGRAFIE AEREE DELLA STORIA

Intervista all’egittologa Patrizia Piacentini

Articolo di Stefano Borroni

mostra foto kofler
Uno dei più grandi sogni dell’uomo, come ci insegna il mito di Icaro, è sempre stato quello di poter volare. Nel 1914 non solo l’umanità era in grado di realizzare questo suo sogno, ma poteva mettere questa capacità tecnologica al servizio di numerosi altri campi come la fotografia. Nessuno fino al 1914 aveva avuto l’idea di sfruttare questa nuova invenzione per vedere il mondo con occhi diversi. Ci dovette pensare l’austriaco Theodor Kofler, la cui figura è stata ricercata e studiata da un team condotto dall’egittologa dell’università di Milano, Patrizia Piacentini.

Siamo andati ad intervistarla per poter scoprire di più su un personaggio così importante nella storia della fotografia e per svelarvi i segreti della mostra.

Incontriamo Patrizia in università e qui ci porta subito nella mostra dove fervono gli ultimi preparativi; l’intenzione dell’esposizione appare da subito coincidente con quella di Kofler. Al centro del cortile troneggiano tre enormi fotografie, disposte come le piramidi di Giza. La professoressa ci conferma l’impressione, il designer Alessio Carpanelli ha voluto infatti vedere l’Egitto con gli occhi di Kofler e ci invita visivamente a fare altrettanto. Lungo il colonnato sono invece mostrate le fotografie scattate dall’autore nel corso degli anni e permettono di riporcorrere la vita del pioniere.

Professoressa, come nasce l’idea della mostra e della ricerca sulla vita di Kofler?

Innanzitutto bisogna ricordare che a Milano, dal 1999, è attiva la Biblioteca e Archivi di Egittologia dell’Università degli Studi di Milano (la più grande d’Italia). Ciò è stato possibile grazie all’intervento di una magnate milanese (non ci è stato rivelato il nome) che ha voluto finanziare la sua apertura. La stessa persona ci ha consegnato nel 2001 alcune fotografie inedite (21 per l’esattezza) di un personaggio sconosciuto. Sull’immagine era presente la firma di Kofler, tuttavia non avevamo notizie di questo personaggio. Da allora abbiamo cominciato le nostre ricerche per capire meglio chi fosse.

Quanto è stata importante sul piano storiografico la scoperta delle foto?

Questo ci permette di ricostruire parte della storia della fotografia. Nasce infatti ora, nel gennaio 1914, quando Kofler si trova a bordo di un aereo mentre sorvola l’Egitto e decide di immortalare stupendi panorami mai visti. Oggi diamo scontato il valore della fotografia, così come ad esempio nelle foto di gruppo e non ci ricordiamo quanto allora fosse avveniristica. Kofler è pioniere soprattutto per questi aspetti, dona al mondo una nuova visione delle cose.

Come descrive questi anni di ricerca?

è stato un durissimo lavoro, un’indagine a tutto campo che ha richiesto ben 10 anni per essere completata. Per scoprire la vita di Kofler abbiamo dovuto avvalerci di fonti e studiosi di numerosi campi. Abbiamo chiesto l’aiuto di diplomatici, esperti di aereonautica (è stata interpellata anche l’inglese royal air force – RAF), ma non solo. Siamo andati a scavare negli archivi, anche parrocchiali per scoprire le sue prime fasi di vita. Abbiamo utilizzato inoltre internet per trovare informazioni nascoste. Nel sito della rivista francese “illustration” (simile al nostro “La domenica del Corriere”) erano presenti negli archivi storici numerose immagini inedite

Quindi internet è una risorsa fondamentale anche per chi fa ricerca?

Certamente, ma va usato con attenzione. Su internet è possibile trovare di tutto. Bisogna stare molto attenti e si deve saper cercare in maniera corretta.

Ma chi era Theodor Kofler?

Nacque ad Innsbruck nel 1877 ed anche Il suo nome lo conosciamo grazie alle nostre ricerche. Sulle foto è riportato solo il cognome, Kofler per l’appunto. Lo abbiamo saputo indagando su una fase di vita particolare del fotografo austriaco; fu infatti catturato nell’aprile del 1916 in Egitto e portato in un campo di internamento. Austriaci ed inglesi si stavano combattendo allora sui campi della prima guerra mondiale, mentre l’antica terra dei faraoni era un protettorato britannico. Koflner fu internato insieme a tutti gli austriaci che si trovavano in suolo appartenente alla corona inglese. Fu portato a Malta dove venne rilasciato alla fine del conflitto. Indagando negli archivi del campo (grazie all’aiuto delle stesse autorità dell’isola, molto disponibili) siamo riusciti a risalire al suo nome grazie ad una fotografia che lo ritraeva.

Cosa fece Kofler dopo la prima guerra mondiale e l’esperienza di prigionia?

Sappiamo che rimase in Egitto, dove aprì diversi studi fotografici. Era un fotografo stimato e famoso, il suo nome sappiamo ora apparire su numerosissime riviste del settore ed anche sui quotidiani. Ebbe un figlio, il quale fu prigioniero degli inglesi durante la seconda guerra mondiale. Dopo la rivoluzione di Nasser in Egitto, Kofler raggiunse il figlio in Kenya dove si era stabilito. Morì nel 1957 vicino al lago Vittoria.

Insomma morì proprio laddove nasce il Nilo, il fiume portatore di vita, grazie alla quale la civiltà egizia è potuta prosperare

Già (sorride), è un fatto davvero sorprendente e simbolico sapere che si è spento laddove tutto questo inizia.

Lo ammetta, dopo 10 anni di ricerca si sarà affezionata alla figura di Kofler

Ovviamente si (il sorriso questa volta è ancora più ampio), ormai è una figura talmente familiare che per me oggi è come se si trattasse del compleanno di mio nonno e gli facessi gli auguri realizzando questa mostra. Questa ricerca mi ha anche permesso di uscire dal linguaggio accademico e dalla visione di una storia troppo ferma sui libri. Si tratta di uscire a scoprire la vera storia, quella fatta da uomini che sono vissuti e ci raccontano cose straordinarie. In questo senso sono riuscita ad immedesimarmi nel personaggio.

Quale dunque lo scopo principale della mostra?

Oltre a celebrare la figura di Kofler, vogliamo ricordare un’epoca diversa dalla nostra dove la fotografia ancora si scopriva con meraviglia e dove gli uomini, individualmente e in mezzo alle atrocità della guerra, sapevano ancora rispettare gli altri uomini.

Mentre ci apprestiamo a ringraziare la professoressa Patrizia, sempre gentile e disponibile nei nostri confronti, la salutiamo con un ultima domanda:

Come si è appassionata all’antico Egitto e cosa risponde a chi dice che con la cultura non si mangia?

Mi sono appassionata di storia sin da piccola, all’incirca quando avevo 13 anni. Osservando i geroglifici mi sono immanorata di questa antica civiltà e da allora ho avuto fin chiaro da subito cosa volevo fare “da grande” . Consiglio ai ragazzi di riflettere molto se intendono intraprendere questa o strade simili. Ci vuole davvero molto impegno e passione; solo con queste potete raggiungere i vostri obiettivi. Ho mostrato a me stessa queste parole lavorando duramente per la ricerca e la mostra; ha richiesto davvero molte energie. Senza la passione e la voglia di fare non sarebbe state possibili.

Vi ricordiamo che la mostra apre i cancelli oggi 11 febbraio; ad accogliere i visitatori gli studenti di storia della statale, i quali vi accompagneranno all’interno della mostra e potranno soddisfare tutte le vostre curiosità.

 

 

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