Insediamenti nordamericani in Era Glaciale: la prova nel DNA osseo di alcuni bambini

Ben Potter e Josh Reuther dell'University of Alaska Fairbanks scavano nel sito di Upward Sun River. (Foto: Ben Potter / UAF)

Ben Potter e Josh Reuther dell’University of Alaska Fairbanks scavano nel sito di Upward Sun River. (Foto: Ben Potter / UAF)

Da tempo ormai alcuni autorevoli scienziati ritengono che gruppi di umani abbiano attraversato la striscia di terra sopra lo stretto di Bering per entrare in America per la prima volta all’incirca tra i 23.000 e i 30.000 anni fa. Oltre a questo però, i dettagli di tale migrazione sono incerti, così come è incerto quando arrivarono esattamente nel nuovo continente e come si sparpagliarono in tutto il Nord e Sud America.

Un recente studio effettuato sulla base di alcuni resti umani trovati in un primitivo campo di pesca in Alaska getta una nuova luce su questi interrogativi e suggerisce che l’antica società nordamericana era molto più varia di quanto si potesse immaginare.

Nel 2010 un team di archeologi ha scoperto il sito di Upward Sun River situato ad est di Fairbanks in Alaska. I successivi scavi hanno portato alla luce resti di abitazioni umane e manufatti che indicano la presenza di un accampamento presso il sito durante l’estate tra i 13.200 e gli 8.000 anni fa. Oltre a testimoniare le conoscenze della pesca al salmone, già accertata in Alaska, l’antico campo reca tracce visibili di una vera e propria tragedia. Nel 2011 un gruppo di archeologi dell’Università dell’Alaska ha trovato le ossa cremate di un bambino di 3 anni all’interno di un focolare. Successivamente, nel 2013, il team ha scoperto una fossa sotto al focolare contenente gli scheletri di due neonati.

I due bambini di età differente (uno poteva avere tra le 6 e le 12 settimane di vita, l’altro era probabilmente nato morto o era prematuro di circa 30 settimane) sono morti per cause incerte circa 11.500 anni fa e sono stati sepolti insieme in modo cerimoniale. Disposti su un letto di ocra rossa (un tipo di argilla spesso utilizzata per le sepolture), sono stati circondati da freccette di caccia decorative fatte di corna di animale. Dopo che i ricercatori hanno ottenuto il via libera dalle locali tribù native americane, hanno rimosso piccoli pezzi di osso da ogni scheletro per farli esaminare da un team di genetisti dell’Università dello Utah. Lo studio effettuato è stato pubblicato recentemente nel giornale del National Academy of Sciences.

Ricercatori scavano nel sito di Upward Sun River. (Foto: Ben Potter / UAF)

Ricercatori scavano nel sito di Upward Sun River. (Foto: Ben Potter / UAF)

I genetisti sono riusciti ad analizzare le informazioni genetiche del DNA mitocondriale estratto dalle cellule di entrambi i neonati. Poiché questo materiale genetico è ereditato solo dalla madre, gli scienziati hanno trovato un modo per tracciare la discendenza materna. In tal modo hanno scoperto che i due bambini non avevano la stessa madre (o la stessa nonna materna) ed erano quindi provenienti da due linee genetiche separate. Secondo gli autori dello studio entrambi i lignaggi sono distintamente appartenenti a nativi americani, quindi diversi da quelli trovati in Asia e nelle moderne popolazioni nordiche.

É estremamente raro che gli scienziati riescano a recuperare il DNA mitocondriale da antichi resti umani. Il campo Upward Sun River è uno degli otto siti in Nord America, risalente ad almeno 8.000 anni fa, in grado di fornire dati genetici così importanti. Per di più i risultati del DNA hanno messo in evidenza ulteriori elementi. I resti umani trovati in antichi siti tendono a provenire da singole famiglie e il fatto che i due bambini siano stati sepolti nella stessa tomba suggerisce che hanno condiviso un legame speciale. I ricercatori ipotizzano che i due avrebbero potuto avere lo stesso padre o essere vittime di qualche avversità comune che ha colpito l’intero gruppo.

Beringia (Immagine: G. Grullon/Science)

Beringia (Immagine: G. Grullon/Science)

Inoltre, la presenza di due differenti linee genetiche nella stessa tomba antica suggerisce che la popolazione dell’Alaska era molto più varia di quanto si credesse. Sembra inoltre che i migranti attraverso lo stretto di Bering siano poi rimasti nella regione locale (Beringia) per circa 10.000 anni prima di trasferirsi verso sud (teoria nota come ipotesi Standstill Beringian). Secondo questa versione dei fatti gli esseri umani sono stati in grado di prosperare in Beringia anche al culmine dell’era glaciale quando nella regione era presente solo la tundra con una rada vegetazione. I ghiacciai hanno bloccato l’accesso al resto delle Americhe fino a circa 15.000 anni fa, quando, a causa della loro fusione, terminò la loro sosta forzata.

History.com traduzione di Annalisa Iezzi

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