Petra – la città scolpita

Continuiamo la rubrica tratta dal magnifico lavoro fotografico del gruppo russo Airpano.
Questa volta parliamo di un luogo estremamente affascinante che non potrete mai visitare con tanta facilità: Petra in Giordania

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Petra

 

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Petra, chiamata anche Città delle Tombe, non è sorta per essere una necropoli, una monumentale tomba come si crede siano le piramidi d’Egitto, destinata a sopravvivere nei secoli come testimonianza di un’antica grandezza. In profondità sotto le rocce, una volta vivevano quasi ventimila persone. C’erano mercati, saune, ville con piscine, un sofisticato sistema di acquedotti, teatri, edifici governativi, e il senato … è solo che il tempo, i terremoti, vento e sabbia hanno distrutto e nascosto tutto …
Davanti al mistero di Petra si vorrebbe poter disporre di una dimensione in più, in grado di portarci nella profondità della montagna, perché la geometria convenzionale non sembra essere sufficiente a descrivere con precisione le secolari camere scavate, le caverne, i magazzini, gli altari e gli obelischi.

Il Tesoro

Il Tesoro

L’intera atmosfera qui è quella di un tempo che scorre lento come l’antico sangue dei sacrifici umani al Dio del Sole e impregna i gradini di pietra che portano all’Alto Luogo del Sacrificio, l’altare gigante sulla cima di Zibb Attuf (il nome beduino del crinale della montagna).

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Gli arabi che attualmente popolano il territorio della Giordania sono piuttosto scettici sull’accuratezza storica dell’Antico Testamento e così di solito iniziano le loro storie con “una tribù araba laboriosa dei Nabatei” si stabilì a Wadi Musa (comunemente conosciuta come la Valle di Mosè) nel VI aC. Più tardi i Greci avrebbero cambiato il nome in “Petra”, che significa “roccia” o “monte”.

La principale fonte di ricchezza nabatea erano le tasse e i dazi versati loro dalle carovane in transito attraverso il loro territorio nonché per i servizi di guardia e di scorta che fornivano loro lungo la strada. Tra le altre fonti di reddito erano le tasse raccolte dalle tribù vicine e le attività di rapina. L’influenza nabatea si diffuse dal Sinai a Damasco. Voci di un florido paese attirarono l’attenzione di Roma, ma non potevano conquistare Petra così facilmente: le montagne che circondavano Petra custodivano molto bene la città, ed era relativamente facile proteggere l’unico ingresso della città: una gola larga tra i due e i cinque metri chiamata Siq, protetta tra mura verticali, naturali, alte 80 metri. Tuttavia nel 106 a.C. i Nabatei furono sconfitti dall’imperatore Traiano, e infine assorbiti dall’Impero Romano.

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Petra ha prosperato per più di due secoli sotto il dominio di Roma, ma alla fine ha perso la sua importanza grazie allo sviluppo della navigazione sul Mar Rosso. A questo punto i Romani lasciarono la città. I Bizantini giunti a Petra durante il periodo di abbandono convertirono alcune delle principali strutture in templi cristiani.
L’invasione araba del VII secolo non ha avuto un grande impatto sulla cultura e la storia di Petra. Petra è stata menzionata per l’ultima volta nel XI secolo, durante il regno di Gerusalemme. Rovine di un castello templare sono stati trovate vicino l’altare maggiore del sacrificio. Da allora Petra è praticamente scomparsa dalla faccia della Terra. C’erano solo leggende che raccontavano di innumerevoli tesori Nabatei sepolti nel profondo della città morta da qualche parte tra le montagne della Giordania e di beduini assetati di sangue che li proteggevano …

E’ merito dell’esploratore svizzero Johann Ludwig Burckhardt aver fatto riscoprire Petra al mondo occidentale nel 1812. Per arrivarci Burckhardt ha dovuto imparare la lingua araba e studiare il Corano. Sembrava un musulmano, forse, questa era la ragione per cui gli arabi decisero di mostrargli la strada per la Città di Pietra. Trovare una guida fu una sfida: tutti temevano gli spiriti malvagi che vivevano nella Città morti secondo le leggende beduine.

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Le tombe e gli edifici di Petra sono scavati nei canaloni e sui fronti rocciosi delle montagne, ricavati nell’arenaria, una roccia prodotta dalla sedimentazione e dall’accumulo di piccoli granelli di sabbia, facile da scavare. Una caratteristica particolare di queste arenarie è la variazione del colore, con sfumature dal giallo ocra al rosso fuoco al bianco, dovute alla diversa concentrazione degli ossidi. Queste spettacolari variazioni cromatiche sono particolarmente visibili sui soffitti di molti ipogei di Petra. Nei dintorni di Petra si trovano anche rocce contenenti silice, che i Nabatei sfruttavano per produrre un cemento impermeabile. L’ingresso della città è un antico letto fluviale, una profonda gola tagliata nelle alte pareti di arenaria che venne trasformata in trincea viaria deviando altrove il corso del torrente. L’area di Petra è molto vicina al sistema Mar Morto-Valle del Giordano, caratterizzato da un’intensa attività tettonica, con cinematica trasforme-transtensiva sinistra, legata alla separazione) tra placca arabica e africana. Il 19 maggio 363, e poi ancora nel 419, nel 551 e nel 747 ebbero luogo terremoti che danneggiarono la città e i suoi monumenti.

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In questa regione semidesertica le sorgenti erano rare e potevano fornire acqua solo per poche famiglie. I bisogni primari vennero quindi fronteggiati utilizzando l’acqua piovana disponibile in circa 150 mm/anno (oggi la piovosità oscilla tra i 50 e i 250 mm/anno), e i Nabatei crearono un sistema di regole per la ripartizione del consumo d’acqua.

La posizione geografica di Petra in fondo a una valle rocciosa, unita all’impermeabilità delle rocce circostanti, permettevano di recuperare acque pluviali da un bacino di circa 92 km². Questa impermeabilità creava d’altra parte anche molti problemi, a causa dei fenomeni alluvionali tipici delle zone desertiche, dove gli improvvisi temporali inducono la crescita rapidissima e tumultuosa di estemporanei torrenti, molto potente e quindi distruttiva, che si incanalano tumultuosi in quelli che fino al momento della tempesta non sembravano altro che canaloni sassosi. 

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Ancor oggi sono visibili impianti destinati a raccogliere e a distribuire l’acqua superando i forti dislivelli del terreno, in particolare sbarramenti e cisterne a cielo aperto. Per la raccolta esisteva anche un’importante rete di cisterne sotterranee. A nordest e a sudest di Petra, le acque del Sîq scorrevano in gallerie scavate nella roccia e intonacate con gesso impermeabile, o in una rete idrica in leggera pendenza, fatta di tubi diterracotta o di ceramica. Questa rete alimentava l’acquedotto, le 200 cisterne (molte delle quali erano situate sul monte Umm al-Beira, che vuol dire “Madre delle cisterne”), bacini di raccolta ed un ninfeo, che era una fontana pubblica; una parte delle cisterne, che riutilizzano anche strutture più antiche, si può tuttavia attribuire ad epoche successive a quelle urbane. Un’altra rete, di maggiore portata, consentiva di captare l’acqua di sorgenti più lontane e di rifornire quartieri più in alto. L’insieme di queste reti idriche portava a Petra circa 40 milioni di litri d’acqua al giorno.

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Dal punto di vista tecnologico, il sistema di distribuzione dell’acqua a Petra è stato paragonato a quello di Roma nello stesso periodo, ed era certamente sufficiente a coprire i bisogni della città. Furono proprio i Romani che utilizzarono la rete idrica come sistema di pressione militare, tagliando l’acquedotto in occasione di un assedio, proprio come accadde secoli dopo, per vendetta della storia, alla loro città per opera di Vitige.

Il risultato di questa padronanza delle risorse idriche fu la creazione, all’epoca, di una vera e propria oasi artificiale, delle cui installazione oggi rimangono solo resti.

Concludiamo con il video sulle capacità ingegneristiche dei Nabatei e ancora meravigliose immagini di Petra.

https://www.youtube.com/watch?v=tmu7-6v8NWQ

Fotografie di  Stanislav Sedov e Dmitriy Moiseenko
Articolo originale di Airpano.com liberamente tradotto e ampliato da La Storia Viva

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