Quando l’Archeologia sperimentale fa spettacolo

Leggiamo che, a partire dallo scorso febbraio 2016, sta andando in onda sul canale televisivo tematico National Geographic Channel una serie intitolata “The great human race”: la serie propone le “avventure” della razza umana ripercorrendo le vie migratorie dei nostri antenati dalle radici dell’umanità in Africa fino all’arrivo in Nord America. Non ci risulta sia ancora nei palinsesti del canale italiano sulla piattaforma Sky, ma è visibile sul canale youtube Great Human in lingua originale.

Una scena dalla serie televisiva "The great human race"

Una scena dalla serie televisiva “The great human race”

La novità della serie è che nei panni dei protagonisti troviamo un docente di antropologia del Washington CollegeWilliam Schindler, esperto in Archeologia sperimentale e l’esperta in sopravvivenza Cat Bigney.

Sembrerebbe dunque che un certo salto qualitativo sia avvenuto anche in quel genere di spettacoli del tipo “wild” che spesso, a dispetto del gran successo di pubblico, danno solo l’illusione della genuinità.

La nostra garanzia è quindi Bill Schindler che da tempo associa all’insegnamento in aula dimostrazioni pratiche, in particolare di produzione di armi preistoriche come asce e strumenti in selce o archi.

Il “Prof” commenta così la sua partecipazione alle riprese:

“La ragione principale per cui ho accettato, e ciò che ne ho ricavato, è stato il fatto di poter realmente mettere alla prova tutto quello di cui parlo in aula. Detesto parlare agli studenti di cose che non ho sperimentato. E’ comunque un aspetto difficile da rispettare dal momento che parliamo di epoche e zone geografiche così diverse tra loro.  Ho potuto sperimentare molte delle cose che insegno e quindi essere direttamente informato delle nozioni che trasmetto, ma c’erano 2 milioni e mezzo di anni in cui non mi ero addentrato. Questa serie è stata la giusta occasione. Cat e io siamo stati le prime persone a tentare davvero di vivere nei principali periodi del nostro passato evolutivo, proprio quello di cui ogni semestre parlo ai miei studenti.”

“Ma ora posso stare in piedi di fronte a una classe, e anche se so che non avevo gli stessi pensieri dell’uomo di due milioni e mezzo di anni fa, e quindi non è esattamente lo stesso, ho un punto di vista molto più informato. La quantità di informazioni che ho acquisito è paragonabile all’aver ottenuto due dottorati di ricerca in sette mesi. Non potrò vedere mai più nulla allo stesso modo, sicuramente.”

La famiglia Schindler durante la permanenza al Centro di Archelogia Sperimentale di Lejre, Danimarca. Gli abiti e tutti gli strumenti sono stati costruiti dal Dr. Schindler.

La famiglia Schindler durante la permanenza al Centro di Archelogia Sperimentale di Lejre del circuito internazionale EXARC, in Danimarca. Gli abiti e tutti gli strumenti sono stati costruiti dal Dr. Schindler.

I puristi potrebbero storcere il naso. In base alle definizioni ufficiali infatti l’archeologia sperimentale dovrebbe mirare a riprodurre, per via sperimentale appunto, gli oggetti e i processi e ricostruire le implicazioni socio-culturali delle popolazioni che si stanno studiando.

Secondo la definizione di Mathieu (2002)

l’Archeologia Sperimentale è una sotto-disciplina della ricerca archeologica, che impiega vari metodi, tecniche, analisi e approcci all’interno di un contesto caratterizzato da un esperimento imitativo controllabile per la replicazione di fenomeni passati (da oggetti a sistemi) con il fine di generare e verificare ipotesi che possano fornire o migliorare analogie per interpretazioni archeologiche
(Mathieu 2002, Comis 2004).

Nel caso della trasmissione, più che davanti a una ricerca scientifica, ci troviamo alle prese con un misto di rievocazione, spettacolo e necessità di risolvere problemi concreti (scaldarsi, cibarsi, coprirsi).

Un'altra immagine dalla serie tv The great human race

Un’altra immagine dalla serie tv The great human race

Un qualcosa in cui le conoscenze già acquisite dall’Archeologia sperimentale sensu stricto e le vere sperimentazioni sul campo si mescolano. Osservando però i punti evidenziati da Coles ci pare di rientrare abbastanza nel pieno titolo dell’esperimento:

  • I materiali utilizzati dovrebbero essere quelli che si pensa siano stati in quel luogo a disposizione della società antica che ha prodotto il problema da analizzare.

  • I metodi usati nell’esperimento per riprodurre materiali antichi non dovrebbero andare al di la di quelli che si presume fossero nell’ambito delle competenze della società antica. E’ necessaria quindi una certa pratica prima di ottenere prove soddisfacenti.

  • La moderna tecnologia non dovrebbe interferire.

  • La finalità dell’esperimento andrebbe decisa prima di iniziare il lavoro.

  • Gli esperimenti andrebbero eseguiti, ove possibile, ripetutamente, ciascuno basato sui risultati di quello precedente.

  • I risultati dell’esperimento consisteranno in una serie di osservazioni capaci di portare l’archeologo a conclusioni implicite o palesi: non si devono mai presumere o affermare certezze assolute.

  • L’esperimento andrà valutato in ragione dell’attendibilità; questa si dimostra nel porre le domande giuste al materiale, nel concepire un’idea in modo appropriato e nell’applicare con onestà il metodo adottato, nell’osservare e valutare imparzialmente i risultati.

  • L’archeologia sperimentale non pretende di dimostrare nulla, ma fornisce uno strumento attraverso il quale è possibile valutare nel loro sviluppo e significato alcune delle attività economiche fondamentali dell’uomo antico, quelle che riguardano in primo luogo la sussistenza e la tecnologia. Essa persegue anche finalità scientifiche perché, nella simulazione, è possibile verificare determinate ipotesi interpretative confrontandosi con i modelli reali.
    (COLES J. – Capitolo III in “Archeologia sperimentale”, 1981, Editrice Longanesi – Milano, Prima edizione Inglese 1973)

     

Seguiremo con attenzione le puntate sperando di non veder comparire suole di gomma, tessuti improbabili come la juta o segni praticati da utensili moderni su abiti e strumenti, come purtroppo ci è accaduto fin troppo spesso.

 

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