Rosmunda e Alboino, 1961, di Carlo Campogalliani

Ospitiamo volentieri un altro articolo dell’almanacco di Archeologia tardoantica e altomedievale a Siena a firma di Marco Valenti.

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Oggi proponiamo un filmone della Titanus; l’unico, insieme a La furia dei barbari (già recensito in questa rubrica), che parla di Longobardi.

Si tratta di una pellicola a basso costo che riusa scenografie anche di altri film.
Infatti alcune ambientazioni sono molto simili ad altri lungometraggi dell’epoca e di ambito romano (palazzi e gabbie dei leoni), mentre alcune scene sembrano tanto ambientate in quella Cividale ricostruita e immaginata da Guido Malatesta nell’altro film precedentemente citato.

I protagonisti principali sono tre pezzi grossi del cinema di quegli anni: Jack Palance (l’uomo che sembrava scolpito nella pietra come lo ha definito Daniele De Angelis), Eleonora Rossi Drago (attrice di gran classe e molto sofisticata), Guy Madison (star anche televisiva e grande star di film di avventura nonché di spaghetti-western).
Il regista è invece quel Campogalliani che nato nel 1885 era passato dal cinema muto al film sonoro senza colpo ferire e che dopo aver portato al successo la celebre serie di Maciste interpretato da Bartolomeo Pagano negli anni 20 del XX secolo, a fine carriera si cimentò nuovamente in pellicole di ambito storico e mitologico sperimentando il cinemascope.

Per gli appassionati di questo genere ma soprattutto per chi ama o è anche solo incuriosito dagli “omoni” protagonisti, dai registi che gli hanno diretti consiglio vivamente di leggere il bel libro di Michele Giordano, Giganti buoni: da Ercole a Piedone (e oltre) il mito dell’uomo forte nel cinema italiano – Roma, Gremese, 1998.

Ma torniamo al nostro film di oggi.
Campogalliani mette in scena la storia di Rosmunda e Alboino in modo molto personale e reinterpretato per confezionare un prodotto, adatto ai gusti del grande pubblico di allora, che fonde i caratteri del peplum con il feuilleton.
Lo fa rileggendola a modo suo e dividendo subito in due gruppi gli attori e le comparse; i buoni (i Gepidi) sono infatti quasi tutti biondi, con armature o costumi lucenti mentre i cattivi (i Longobardi) neri di capelli e con costumi sempre scuri.

Trama

1901598_462226730572751_1220067006_nQueste due componenti innervano una storia che inizia subito con lo scontro armato ed il gepido Amalchi, colpevole di non avere evitato la rovinosa sconfitta contro i longobardi, viene accusato di alto tradimento dal suo re Cunimondo quindi rimosso dal suo grado. Alboino, il re dei longobardi, felice della vittoria, ha però altre mire e desidera allearsi con i Gepidi per attaccare Roma.
Come pegno della nuova alleanza, Alboino chiede in sposa Rosmunda la quale, pur essendo la moglie di Amalchi e madre di un figlio suo, accetta la proposta per il bene della propria gente. Il fratello di Alboino, però, viene ucciso nel torneo che si svolge prima delle nozze (dietro le trame in realtà di un consigliere di Cunimondo che tiene delle trattative segrete con Bisanzio) e il re longobardo fa strage dei Gepidi costringendo Rosmunda a sposarlo lo stesso.
Ma Amalchi, riunite le disperse tribù del suo popolo, assale d’improvviso la reggia dei longobardi e uccide Alboino.

Critica del tempo

La critica lo fece a pezzi:
“I lontani eventi storici, tema del film, non hanno suggerito ai realizzatori altro che le consuete digressioni romanzesche ed avventurose, superficiali e prevedibili, ravvivate alla meglio dalla facile spettacolarità di scene e di costumi.” (Segnalazioni Cinematografiche, vol. 50, 1961)
E ne aveva ben donde.

Fedeltà Storica

La vicenda reale, o per lo meno quella narrata dalla fonte disponibile, era stata totalmente stravolta e condita di scene di massa, scontri, duelli che tanto ammaliavano gli spettatori.
Sappiamo da Paolo Diacono, nel secondo libro della sua Historia Langobardorum, che Cunimondo venne sconfitto e ucciso in battaglia da Alboino nel 567.
Alboino quindi, subito dopo, sposò Rosmunda probabilmente per ottenere la fedeltà dei guerrieri gepidi.
La nuova regina seguì Alboino in Italia, nel 568 e organizzò 4 anni dopo la congiura che portò alla soppressione del re in collaborazione con il nobile e suo amante Elmichi.
Delle modalità si uccisione di Alboino parlano tanto Paolo Diacono (attingendo ad una composizione poetica in lingua germanica tramandata oralmente) quanto Agnello Ravennate, nel sedicesimo Liber Pontificalis Ecclesiae Ravennatis.
Fu Alboino, nella reggia di Verona, a bere vino in una coppa ottenuta dal cranio di Cunimondo, obbligando poi anche Rosmunda.

Quindi la storia nota era stata alla fin fine il pretesto per narrare una vicenda di facile presa sul pubblico e tratteggiare la figura di una Rosmunda nobile e di grande purezza che si sacrificava, poi vendicandosi, per amore del suo popolo e del suo amato Elmichi.

1653689_462226630572761_789631429_n 1796473_462233430572081_528221004_n 1897724_462229123905845_1023475105_n 1743516_462227550572669_67703537_nOltre alle sferzanti parole della critica riportate poco sopra, aggiungo io tra le notevoli pecche del film, la creazione di costumi totalmente di fantasia ed imborchiati inverosimilmente, armi totalmente fuori luogo (Elmichi brandisce senza alcun dubbio uno spadone rinascimentale ed un Gepido lo vediamo morire con una spada celtica conficcata nell’addome), elmi immaginifici, tornei rappresentati come una giostra tardo medievale sia nell’ambientazione sia nelle armature e nelle lunghe lance decorate a strisce.
Molto bello per un cinefilo il particolare di una scena girata in un casolare dove un contadino appende alla trave dei grappoli di pomodori bombolini ad essiccare…. pomodori poi inquadrati più volte ma che arrivarono in Europa quasi 900 anni dopo affermandosi solo nel XVII secolo (si veda al riguardo le pagine dell’eccellente compendio di Massimo Montanari, La fame e l’abbondanza. Storia dell’alimentazione in Europa, Bari 2006).
Portentosa e carica di gioielli anche quella coppa ricavata dal teschio di Cunemondo impugnata con tanta fierezza da Rosmunda, con Alboino che proferisce la famosa frase “Bevi Rosmunda dal teschio di tuo padre” risalente in realtà ad una parodia giovanile del grande Achille Campanile.
1622591_462226697239421_105965400_nSenza rendersene conto però Campogalliani aveva azzeccato alcune cose; una in particolare è degna di nota e con riscontri archeologici.
Re Cunemondo e la sua corte sono descritti nel film come romanizzati.
E forse così poteva essere, come ci dimostra la composizione di quel tesoro di Aphaida (attribuibile ad una famiglia reale gepida) del quale ci siamo occupati qualche tempo fa in una specifica “Rimembranza” dalle pagine di questo Almanacco.

1743516_462227550572669_67703537_nE come ci mostra la differenza fra i due re il nostro regista?
Facile: il trono, con i longobardi, è coperto da una ferina pelle di leopardo sulla quale siede Alboino sorvegliato da due guardie del corpo armate fino ai denti e truci che vi prego di notare.

Segnalo infine un pezzo parodistico dei grandi Gufi (vera e propria storia della televisione degli anni’60) che già avevamo indicato pochi mesi fa nella rubrica “Amenità”.
Collegatevi al link di questa scheda perchè ne vale la pena davvero, così come il film di oggi, aldilà di tutto e delle facili critiche che si possono fare, merita di essere visto. Come dico spesso è un cinema dal sapore antico che va assaporato perchè frutto e specchio del gusto e delle capacità del suo tempo.

Come concludere questa recensione?

Raccontando come andò in realtà a finire e proponendo un’ulteriore lettura.
Mi riferisco al libro di Jörg Jarnut, Storia dei Longobardi, Torino Einaudi 2002.
Questo testo, tra i vari argomenti critici affrontati, non passa certo in silenzio la vicenda che oggi ci ha interessati.
Jarnut, infatti, in una bella disamina, ci ricorda che l’episodio della congiura può essere interpretato come un tentativo di usurpazione da parte di Elmichi, appoggiato dalla regina, da alcuni guerrieri longobardi e gepidi aggregati all’esercito e da Bisanzio.
Secondo l’uso praticato dai longobardi, la regina vedova poteva scegliere il nuovo re attraverso il matrimonio, benché su volontà dell’assemblea dei guerrieri. E Rosmunda trasmise il potere a Elmichi, appoggiato da una parte del popolo longobardo, in particolare la componente filoromana; ma un’altra assemblea dei guerrieri, convocata a Pavia, elesse Clefi.
Rosmunda fuggì allora a Ravenna con Elmichi, il tesoro longobardo e la figlia di primo letto di Alboino, Alpsuinda.
Ma Rosmunda non era probabilmente uno “stinco di santo”; la leggenda ci narra che dopo aver sposato il compagno, divenne forse amante del prefetto bizantino Longino e tentò di avvelenare Elmichi; ma questi, bevuto un sorso dalla coppa avvelenata, si rese conto dell’inganno e obbligò la moglie a bere a sua volta.
Gregorio di Tours, contemporaneo degli avvenimenti, ci tramanda invece che i fuggitivi non arrivarono a Ravenna ma vennero raggiunti ed uccisi durante la fuga (Storie, IV, 41).

Di seguito il film completo in inglese (titolo Sword of the Conqueror ).
Buona visione….
Marco Valenti

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