San Valentino “d’annata”

Ricostruzione della posizione degli amanti di Valdaro

Ricostruzione della posizione degli amanti di Valdaro

Eccomi qui nel giorno di San Valentino a schivare i colpi della solita festività commerciale. Poi arriveranno nell’ordine festa del papà, della mamma e dei nonni, l’iter completo della riproduzione insomma. Che non mi piaccia questa finta festa che ben poco ha di spontaneo l’avrete capito e ora vorrete vedere come faccio a collegarla alla storia.
E’ facilissimo! Quando si pensa alle promesse e ai pegni d’amore si pensa che quel “Per sempre” sia sostanzialmente un modo di dire… per qualcuno invece forse non sarà per sempre, ma per molto molto tempo sì. Mi riferisco ai ritrovamenti piuttosto sorprendenti degli ultimi anni.

Gli Amanti di Valdaro

I due amanti nel sito del ritrovamento presso Valdaro (MN)

I due amanti nel sito del ritrovamento presso Valdaro (MN)

Nessuno avrebbe mai immaginato che, nel febbraio del 2007, nell’ambito delle campagne di scavo archeologico, che interessarono una villa romana, in zona Valdaro nel piccolo Comune di San Giorgio di Mantova in Lombardia, sarebbero tornati alla luce, per caso, dalle nebbie del passato, sepolti da vari strati di terra, due scheletri risalenti a circa 6000 anni fa, conservatisi in modo a dir poco sorprendente. Per questo quando furono trovati, a causa dell’eccezionalità della loro posizione, gli venne dato il nome de gli Amanti di Valdaro.

Le prime sepolture sicuramente intenzionali si fanno risalire ai Neandertaliani del Paleolitico Medio e l’atto di sepoltura, in sé, fa presupporre che ci fosse un certo rispetto nei confronti dell’individuo defunto, o forse anche se non è facile da dimostrare, qualche idea di una continuità della vita dopo la morte. In questo periodo i Neandertaliani non abbandonarono mai i loro morti, ma ne ebbero cura fino al punto di non privarli di tutto ciò che fu utile in vita. E’ proprio a partire dal Paleolitico superiore che esistono molti casi ben riconosciuti di sepoltura umana, in cui i corpi venivano più che seppelliti, adagiati in una semplice fossa e ricoperti a volte di ocra rossa; accanto al corpo venivano deposti alcuni ornamenti personali: il corredo funerario che poteva essere o molto ricco o estremamente povero, e talvolta pietre con funzione forse protettiva per il defunto o forse per tenere lontani i malefici; le pietre venivano poste in modo che il defunto venisse immobilizzato dalle stesse.

La profondità delle fosse, in Italia, è poco documentata, in alcuni scavi non superava i 30-35 cm., mentre per quel che riguarda la posizione degli scheletri, è interessante notare una certa variabilità, la stessa che si riscontra in altre aree europee, dove è comune la posizione supina, altri sono posizionati sul lato sinistro, alcuni sul destro, pochi casi bocconi; nemmeno la disposizione degli arti sembra seguire un’unica regola, troviamo infatti distesi e allungati più o meno parallelamente al corpo, piegati sul petto o posizione fetale.

Dettaglio dell'"abbraccio eterno"

Dettaglio dell'”abbraccio eterno”

Gli Amanti di Valdaro, rappresentano qualcosa di unico al mondo e costituiscono, indubbiamente, una scoperta singolare che non ha confronti sia per l’antichità sia per l’insolita posizione in cui sono stati ritrovati i due corpi, le cui vite resteranno a noi ignote: uno di fronte all’altro con i volti che quasi si sfiorano, sepolti nella stessa fossa e probabilmente nello stesso momento. Sono abbracciati in una posizione che suscita tenerezza, si presentano entrambi con le gambe piegate e incrociate l’uno con l’altra, le braccia di lui si appoggiano sul collo di lei, mentre, quelle di lei sembrano cingere i fianchi di lui. Diversi studi condotti sugli scheletri hanno accertato che, gli stessi, appartengono ad una coppia di ragazzi, quello a sinistra è un ragazzo, l’altro, a destra, è una ragazza; che siano entrambi giovani non ci sono dubbi, lo rivela la loro dentatura che al momento del ritrovamento si presentava sana e completa.

Gli Amanti di Valdaro portano con se una componente di mistero, perché, sul significato del loro tenero abbraccio che la morte ha fermato, non si possono che formulare ipotesi e, per capire l’ambiente, le cause e i protagonisti coinvolti in questo caso bisognerebbe tuffarsi in un tempo non più riproducibile se non con l’immaginazione perché stabilire le cause della morte potrebbe dimostrarsi quasi impossibile. Non si può, comunque, credere che in tutti i casi di sepolture doppie la morte sia stata simultanea per i due individui, per cui, è opportuno pensare di essere di fronte ad un particolare rito dell’uomo del Neolitico.

Gli archeologi, al momento dello scavo, per non arrecare danno alle ossa ma anche per non spezzare un equilibrio rimasto inalterato per vari millenni, hanno preferito sollevare interamente il blocco di terra (circa due metri cubi), che costituiva e che tutt’oggi resta la loro sepoltura.

La pubblicazione delle foto de Gli Amanti di Valdaro, raggiunse, in breve tempo, ogni parte del mondo provocando un grande coinvolgimento emotivo, a ciò contribuì anche l’approssimarsi della festa di San Valentino, tanto che vennero eletti come simbolo dell’amore eterno.

I due amanti conservati nella cassa

I due amanti conservati nella cassa

Attualmente i due scheletri, sono “ospitati” in una cassa apposita che ne consente la conservazione, presso il Museo Archeologico di Mantova, ma che non permette in ogni caso l’esposizione al pubblico.

Il 14 febbraio 2011, proprio nel giorno di San Valentino, è nata un’Associazione tutta per loro che si è denominata Amanti di Mantova il cui scopo, attraverso vari eventi celebrativi, è quello di raccogliere i fondi necessari per la valorizzazione e l’allestimento definitivo nel Museo. Sono proprio questi eventi come il Festivaletteratura, svoltosi a Mantova, nel 2011, che hanno reso possibile l’apertura straordinaria del Museo.
Il 2014 doveva essere l’anno della loro esposizione definitiva al Museo Archeologico di piazza Castello, dopo un lungo oblio interrotto da pochissime eccezioni. Occasioni in cui il pubblico è sempre accorso per poter ammirare la coppia e il Cacciatore, pure trovato a Valdaro. Era stato promesso che sarebbe accaduto in febbraio, per san Valentino o forse già la settimana prima, ma gli Amanti di Valdaro il giorno di San Valentino non furono esposti al pubblico.

La collocazione nella loro definitiva teca in vetro antisfondamento e l’inaugurazione della loro esposizione avvenne l’11 aprile 2014, gli appassionati e i romantici attendevano con impazienza, ma per i due “amanti millenari” l’attesa fu davvero irrisoria.

Gli amanti di Modena

I due "amanti di Modena" mano nella mano

I due “amanti di Modena” mano nella mano

Sono “soltanto” di 1500 anni fa invece i cosiddetti Amanti di Modena seppelliti insieme nel V-VI secolo dopo Cristo. Due anonimi nostri antenati di circa 30 anni, abitanti dell’antica Mutina, la Modena del periodo romano, che intrecciano le loro mani e i loro corpi per sempre. Sono stati individuati nel 2011 in via Ciro Menotti nel corso della costruzione di una palazzina lungo l’asse viario e hanno subito destato la tenerezza dei tecnici e degli archeologi della Soprintendenza che monitoravano il cantiere. È infatti la prima volta che viene individuata una sepoltura che davvero in chi l’ha vista per primo ha subito ricordato i sentimenti privati di una felice coppietta di millecinquecento anni fa.

Il dettaglio delle due mani

Il dettaglio delle due mani

L’antropologa Vania Milani ha scoperto che lo scheletro di destra è di una donna, mentre quello di sinistra è di un uomo: la figura femminile guarda dunque il viso del compagno. Non solo: i due amanti, seppelliti nello stesso momento come è certo agli studiosi, si tengono anche teneramente per mano. La Milani ha pure considerato che probabilmente la testa dell’uomo era poggiata su un cuscino e il cranio si sarebbe spostato con il passare dei secoli. Se questo fosse confermato vorrebbe dire che anche l’amante guarderebbe l’amata: un “occhi negli occhi” che sfida l’eternità.

Le spiegazioni scientifiche sul ritrovamento, effettuato dal collega Francesco Benassi, le fornisce il dipendente della Soprintendenza Donato Labate: «Scavando in via Ciro Menotti per la costruzione di una palazzina, scavo al quale la Soprintendenza partecipò perché siamo fuori le mura, in un’area ai limiti dell’antica città romana, individuammo 11 tombe a circa tre metri di profondità tra cui appunto quella con i due amanti. Come si sa anche per quest’area nel Prg è indicato debba esserci il parere della Soprintendenza e nello scavo individuammo tre diversi strati di interesse scientifico. A sei metri e mezzo di profondità ritrovammo strutture di età romana extraurbana di periodo imperiale: zone usate per gli impianti produttivi e infatti abbiamo individuato una calcara dove veniva cotta la calce. A fianco l’antico corso d’acqua del fiume Tiepido che probabilmente causò diverse alluvioni. A tre metri abbiamo individuato le 11 tombe a inumazione del IV-V secolo d.C. compresa quella con i due corpi».

Scavi in corso nella necropoli di Modena

Scavi in corso nella necropoli di Modena

La parte principale della necropoli era riservata a sepolcri di uomini feriti a morte da colpi di spada, forse nel tentativo di difendere le loro case e le loro famiglie, e per questo onorarti come eroi. Le tombe infatti erano sormontate da monumenti costruiti in laterizi, talvolta coperti da lastre di pietra.
Le analisi antropologiche, condotte dall’équipe del professor Gruppioni del Laboratorio di Antropologia Archeologica del Dipartimento di Beni Culturali dell’Università di Bologna, hanno permesso di identificare sulle ossa i segni dei colpi di fendente. Il caso più emblematico è rappresentato dallo scheletro di un individuo che presentava lesioni sia sul cranio sia sulle vertebre cervicali, dovute alla decapitazione dell’uomo per mezzo di un colpo inferto da una lama tagliente e affilata.

Ma nello stesso scavo ci sono stati altri ritrovamenti molto particolari. A poco più di due metri di profondità sotto mezzo metro di terra e una copertura a laterizi sono state individuate sette tombe vuote, costruite ma mai utilizzate. Due necropoli una sull’altra dunque, con la seconda non inaugurata forse per il sopraggiungere dell’alluvione descritta da Paolo Diacono nel VI secolo d.C. Non è ancora possibile precisare l’origine di questa comunità sepolta alle porte dell’antica Mutina fra la fine del V e il VI secolo d.C.
Il rituale funerario è improntato sulla scelta di allineare le sepolture su file parallele e di deporre i corpi con il capo verso ovest, secondo modelli frequenti dall’epoca tardo antica anche tra i gruppo immigrati di origine germanica.
Le prime attestazioni delle migrazioni di queste popolazioni nel modenese risalgono infatti già al IV secolo e nel secolo successivo la città dovette affrontare le conseguenze del passaggio dei Visigoti condotti da Alarico e degli Unni capeggiati da Attila. Circa un secolo dopo, nel 569, è probabile che Mutina sia stata conquistata dai Longobardi, ai quali sono riferibili importanti rinvenimenti archeologici nell’area urbana.

Domenica 16 febbraio 2014 la coppia di “amanti” di età tardo antica che ha emozionato il mondo intero si trasferì nelle sale del Museo Civico Archeologico Etnologico di Modena.
Per saperne di più


Niente San Valentino per gli Amanti di Valdaro
Due scheletri e una teca

Amanti di Modena

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