Göbekli Tepe non smette di fornire elementi sorprendenti mano a mano che le ricerche archeologiche continuano.
Per chi non ne avesse mai sentito parlare è necessario descrivere questo sito archeologico misterioso e ancora incomprensibile.
Il sito
Si trova nel sud-est della Turchia, a circa 16 km a nord est di Şanlıurfa, un’antica città anticamente chiamata “Edessa” e conosciuta come “la città del profeti”, presso il confine con la Siria, tra la catena del Tauro e il Karaca Dağ e la valle dove si trova la città biblica di Harran. Siamo nell’Alta Mesopotamia.
La scoperta
In questa zona, sul punto più alto di un’altura di forma allungata che domina la regione circostante, si eleva una collinetta di 300 metri di diametro e 15 di altezza.
Nei primi anni ’90 dello scorso secolo un pastore curdo, Savak Yildiz, si imbatte qui in una strana pietra lavorata che spunta dal terriccio. Incuriosito dal ritrovamento contatta le autorità della vicina cittadina di Şanlıurfa: è l’inizio di una delle più grandi scoperte archeologiche di sempre.
Da Şanlıurfa viene contattata la sede di Istanbul dell’Istituto archeologico germanico e nel 1994 sotto la direzione di Klaus Schmidt iniziano gli scavi.
Quello che viene trovato, tra lo stupore crescente, è una serie di strutture circolari, delimitate da enormi pilastri in calcare, dalla forma a T, alti fino a 3 metri e pesanti dalle 16 alle 40 tonnellate.
Una sorta di Stonehenge multipla, ma la cui fattura è molto più raffinata.
I bassorilievi
I blocchi di pietra non sono soltanto sbozzati, ma perfettamente definiti nella tipica forma a T e per la maggior parte sono incisi con raffigurazioni di diversi animali: volpi, cinghiali, serpenti, gli uri (bovini selvatici), asini asiatici selvatici, pecore selvatiche, uccelli (gru, un avvoltoio), una gazzella, e artropodi (scorpione, formiche). Sono inoltre presenti elementi decorativi, come insiemi di punti e motivi geometrici. E sono raffigurati anche esseri umani.
Le figure non sono incise semplicemente nella pietra ma sono ottenute come bassorilievi, alcune sono vere e proprie sculture a tutto tondo.
Gli stessi pilastri a T sono antropomorfi, come testimoniato in alcuni casi da intagli dei bassorilievi che mostrano braccia, mani e vestiti.
Indagini geomagnetiche hanno indicato la presenza di altre centinaia di pietre ancora sepolte nel terreno.
La datazione
Ma quello che maggiormente ha destato scalpore, oltre le dimensioni del complesso monumentale e le raffinate decorazioni, è che l’intero sito non coincide con quanto fino a quel momento noto della storia umana: la datazione infatti si colloca tra 9.000 e 10.000 a.C. ovvero tra gli 11.000 e i 12.000 anni fa.
Stiamo parlando di circa 6-7.000 anni prima delle piramidi egizie. Un’epoca in cui l’uomo non avrebbe dovuto conoscere strumenti in metallo né la ruota e in cui l’economia delle comunità avrebbe dovuto essere basata sulla caccia e sul raccolto. La costruzione di un sito così ampio e complesso, invece, ha richiesto una notevole organizzazione del lavoro, la presenza di diverse centinaia di uomini per compierlo e una loro permanenza stabile almeno per alcuni periodi dell’anno.
Il sotterramento
L’eccezionalità del luogo non si ferma qui. Secondo Schmidt, che non abbandonò mai più le ricerche di Göbekli Tepe fino alla sua morte avvenuta nel 2014, la collina artificiale fu volontariamente ricoperta attorno a 8.000 anni fa.
Le sue datazioni non si basano solo sui risultati al radiocarbonio dei resti organici presenti nel materiale utilizzato per riempire il sito, ma anche su quelli relativi ai rivestimenti carbonatici pedogenetici e le micro-stalattiti sulle pareti dei pilastri dopo il ricoprimento.
Studi successivi ritengono però che la ricopertura del sito possa essere invece avvenuta per cause naturali, ovvero inondazioni, crollo degli edifici stessi, grandi smottamenti di terreno, come testimonierebbe la gran quantità di ossa animali presenti nel terriccio di riempimento.
Le implicazioni
Fino alla scoperta del complesso monumentale di Gobekli Tepe si riteneva che gli uomini del periodo pre-ceramico del Neolitico si fossero aggregati e stanziati grazie alla scoperta dell’agricoltura, transitando da una società nomade di cacciatori a quella stanziale da agricoltori e allevatori. Gobekli Tepe sovverte questa visione nel momento in cui non esiste alcuno stanziamento riconoscibile nella pur vasta area scavata o indagata con georadar. Tutta la superficie è edificata esclusivamente con edifici circolari apparentemente a puro uso cultuale.
In base a queste considerazioni la storia dell’uomo da noi conosciuta dovrebbe rovesciare i concetti di causa-effetto nei termini di considerare più antico il sentimento religioso e la necessità di stabilire luoghi di assemblea a scopo cultuale e solo successivamente la necessità di costruire stanziamenti stabili ad uso abitativo.
Il materiale artistico fornisce intuizioni sulla visione del mondo dei cacciatori-raccoglitori radicata, probabilmente, su narrazioni e miti risalenti all’Epipaleolitico, e a Göbekli Tepe per la prima volta immortalato nella pietra. In quanto tali, possono essere considerati espressioni di origine e di identità comune che sarebbero state così importanti per le comunità di fronte alle sfide connesse con i processi di neolitizzazione.
Le reazioni del mondo scientifico
Come è ovvio le reazioni alla scoperta furono di sconcerto.
“Göbekli Tepe cambia tutto”, spiega Ian Hodder, della Stanford University.
David Lewis-Williams, docente di archeologia presso l’Università Witwatersrand a Johannesburg, dice: “Göbekli Tepe è il più importante sito archeologico del mondo”.
Il professore universitario Steve Mithen dice: “Göbekli Tepe è troppo straordinario per la mia mente”.
Le interpretazioni
Le interpretazioni legate alla struttura del complesso megalitico e ai suoi bassorilievi sono state le più svariate nel corso degli anni.
Da quelle archeoastronomiche che rilevano gli orientamenti dei singoli circoli rispetto la volta stellata dell’epoca o addirittura interpretano i bassorilievi come raffigurazione delle costellazioni, a quella degli antichi astronauti, per arrivare al confronto con l’Antico Testamento identificando l’allora lussureggiante regione pullulante di vita animale con l’Eden della Genesi.
Le continue scoperte
L’ossidiana
Mentre i lavori di scavo proseguono sul sito, avanzano anche le ricerche sui ritrovamenti.
E’ di 5 anni fa la pubblicazione delle analisi svolte sui 130 frammenti di ossidiana ritrovati dagli archeologici.
Per cercare di risolvere alcuni dei misteri, il team di Tristan Carter della McMaster University a Hamilton, Canada e del direttore degli scavi Klaus Schmidt ha esaminato la composizione chimica degli utensili per scoprire da quali fonti vulcaniche provenisse l’ossidiana. “Siamo in grado di dire esattamente da quale monte proviene, e a volte anche da quale fianco del vulcano”, ha detto Carter.
Almeno tre delle fonti si trovano nella Turchia centrale, in Cappadocia, cioè a quasi 500 km di distanza da Göbekli Tepe. Almeno altre tre sono invece della parte orientale del paese, vicino al lago di Van, circa a 250 km di distanza dal sito. Un’altra fonte ancora si trova poi nel nord-est della Turchia, a 500 km di distanza.
Ciò che rende speciali questi risultati, dicono i ricercatori, non sono tanto le distanze, ma piuttosto la varietà delle fonti di ossidiana. Ci sono molte ragioni che potrebbero spiegare come siano arrivati quegli utensili a Göbekli Tepe; quello suggestivo, proposto dal team di ricerca, è che il sito fosse una sorta di luogo di pellegrinaggio che attraeva persone da molti luoghi diversi.
Il disastro di 13.000 anni fa
La notizia è dello scorso aprile 2017. Secondo un gruppo di ricercatori dell’Università di Edimburgo, la prova e la narrazione di un evento catastrofico è nei bassorilievi di Göbekli Tepe. Si tratterebbe di uno sciame di comete che colpì la Terra devastandola, modificando l’inclinazione dell’asse di rotazione del pianeta, provocando l’estinzione di molte specie come quella dei mammut e causando un’era glaciale che durò mille anni.
Una stele in particolare, quella chiamata «dell’avvoltoio» ha attratto l’attenzione degli scienziati di Edimburgo. Riproduce attraverso simbolismi animali una serie di costellazioni, indicandone la posizione nel cielo. Grazie all’aiuto di un computer, è stato possibile stabilire che le stelle si trovavano in quel punto esattamente nel 10.950 a.C., alla fine del Pleistocene. Altri bassorilievi riproducevano la caduta dello sciame di comete e un uomo senza testa indicava la perdita di molte vite umane. La stele è importante perché conferma eventi che già conoscevamo, come il periodo glaciale noto come Dryas recente (dal nome di un fiore della tundra) e l’anomalia dell’iridio osservata in Nord America, risalente all’11-10.000 a.C.: l’iridio è poco presente nel suolo e quando in uno strato geologico se ne trova molto di più, vuol dire che un meteorite o una cometa lo hanno portato sulla Terra, come avvenne nell’estinzione dei dinosauri. Per il prof. Martin Sweatman, direttore della ricerca pubblicata su Mediterranean Archaeology, «questa scoperta, insieme all’anomalia dell’iridio, chiude il caso in favore dell’impatto di una serie di comete».
Il culto dei crani
E’ infine (per ora) soltanto di ieri la pubblicazione di uno studio sui crani rinvenuti nel sito.
Sebbene sepolture umane vere e proprie non siano state ancora trovate nel sito, un numero di ossa umane frammentate è stato recuperato dai depositi di riempimento degli edifici e dalle aree adiacenti. La ricerca si concentra su tre teschi umani parzialmente conservati, tutti riportanti modificazioni artificiali di tipo finora sconosciuto da siti contemporanei e da notizie etnografiche. I frammenti di cranio modificati da Göbekli Tepe potrebbero indicare una nuova variante del precedentemente documentato “Culto del cranio” nel Neolitico dell’Anatolia e del Levante.
I teschi umani possono essere venerati per vari motivi, che vanno dal culto degli antenati alla credenza nella trasmissione di proprietà protettive o altre dal defunto ai viventi. Questa focalizzazione sul cranio umano, compresi particolari modificazioni, ha portato alla creazione del termine “culto del cranio” in letteratura antropologica. Questa particolare attenzione al cranio dei morti può assumere forme diverse, sottostando frequentemente a codici culturali molto specifici. Nel Neolitico pre-ceramico del sud-est dell’Anatolia e del Levante, v’è abbondanza di testimonianze archeologiche dello speciale status assegnato al cranio umano, ma quello di Göbekli Tepe è un tipo di modificazione finora sconosciuto.
Dei tre teschi umani recuperati in frammenti, tutti mostrano profonde incisioni intenzionali lungo il loro asse sagittale. In uno di questi casi è anche attestata una perforazione. Questi risultati sono eccezionali perché forniscono la prima evidenza osteologica per il trattamento dei morti a Göbekli Tepe.
In attesa di ulteriori analisi e scoperte, di certo avvincenti, potete approfondire l’argomento con il libro pubblicato da Klaus Schmidt per Oltre Edizioni nel 2011, intitolato “Costruirono i primi templi”.
Se invece preferite un genere fanta-storico potete rivolgervi a Il Segreto della Genesi, uscito nel 2009, dell’autore britannico Sean Thomas, sotto lo pseudonimo di Tom Knox. Il romanzo, in buona parte thriller, ma non solo, è ambientato principalmente attorno all’interessantissimo e poco conosciuto sito.
Se invece amate le fiction segnaliamo la serie “The Gift” disponibile su Netflix dal 27 dicembre 2019. Tratta dal romanzo Dünyanın Uyanışı (Il risveglio del mondo) di Şengül Boybaş è sostanzialmente una serie fantasy che ruota attorno al fascino e il mistero del sito archeologico più sconcertante del pianeta.
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