Rune a sorpresa su oggetti longobardi

Nella mostra “Longobardi a Belmonte”, da poco inaugurata al Museo archeologico del Canavese ospitato nei locali dell’ex Manifattura di Cuorgnè (Torino) spicca una fusaiola di 2,8 cm orgogliosamente riportata in primo piano nella stessa locandina della mostra.

L’importanza di questo oggetto, sebbene così piccolo e di materiale non prezioso, calcarenite ungherese, sta nell’incisione runica che appare su una delle sue facce. Esistono al momento altri reperti incisi con simboli runici ritrovati in Italia, ci riferiamo a quelli provenienti dalla catacomba romana dei santi Pietro e Marcellino e dal santuario pugliese di Monte Sant’Angelo, ma questi risultano più tardi e quasi certamente collegati a pellegrinaggi di fedeli anglosassoni. Questo fa della fusaiola il più antico ritrovamento con incisioni runiche a sud delle Alpi.

La fusaiola è un oggetto della quotidianità, utilizzato nella filatura di fibre vegetali e animali; nella foto a destra fusi e fusaiole con filati di lana, lino e ortica

Belmonte è una località situata presso Valperga, prossima sia a Torino che a Ivrea, entrambe sedi ducali longobarde. Gli scavi del sito, su cui era presente un insediamento fortificato a dominare la pianura, risalgono al 1970 e hanno prodotto una gran quantità di reperti, in gran parte riesaminati in occasione della mostra appena inaugurata. In questa nuova fase di analisi la direttrice del Museo di Antichità di Torino, dott.ssa Gabriella Pantò, ha avuto modo di riconoscere nell’incisione almeno due rune: Fehu e Hagalaz, corrispondenti all’incirca alle nostre F ed H, ma con significati simbolici che possiamo sintetizzare rispettivamente in “ricchezza del bestiame, abbondanza” e “grandine, evento improvviso”.

La fusaiola in oggetto risale al IV secolo d.C., nel pieno periodo della migrazione di popoli provenienti da nord ed est verso il nostro territorio. Gli archeologi ritengono sia stata tramandata di generazione in generazione, in virtù della propria funzione apotropaica, per linea materna.

«Questa fusaiola veniva dalla Pannonia (l’attuale Ungheria) ed era un oggetto che doveva garantire la protezione alla persona, alla famiglia, al villaggio di chi la portava- ha spiegato Pantò -. L’iscrizione riportata, da una prima lettura, significherebbe fortuna, protezione al bestiame e dalla grandine. È una cosa quasi commovente, che si riferisce ad un concetto di protezione del villaggio. Fino a metà del VII secolo a Belmonte vi erano ancora degli armati, il villaggio venne distrutto da un incendio e la popolazione fuggì lasciando nel sito le cose più preziose».

“La storia che possiamo ricostruire è di grande fascino: l’oggetto venne costruito circa due secoli prima di venire posseduto dalla donna che poi lo ha abbandonato a Belmonte, poco prima della distruzione violenta del suo villaggio.”

La fusaiola doveva essere indossata come amuleto o come monile, appeso alla cintura, come per molti oggetti rinvenuti in svariate sepolture longobarde, o appeso come ciondolo a una collana, e le incisioni fungevano da protezione.

L’esposizione, che sarà visitabile fino al 29 maggio (dal lunedì al venerdì, dalle 9 alle 17, ed il secondo sabato di ogni mese dalle 14.30 alle 18), è il frutto della collaborazione tra la Soprintendenza archeologia belle arti e paesaggio per la Città metropolitana di Torino, i Musei reali ed il Museo archeologico del Canavese guidato da Marco Cima.

L’interessante mostra, che merita sicuramente una “puntata”, è accompagnata da un ricco volume con circa 300 illustrazioni che presenta al pubblico sia i reperti provenienti dagli scavi sia i risultati degli studi condotti da 14 specialisti.

Il reperto dopo la chiusura della mostra, fissata per il 30 Maggio, sarà trasferito nelle sale del Museo di Antichità di Torino, che già contiene una delle più grandi raccolte di reperti del Regno Longobardo.

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