Palmira

Palmira all'alba (Foto: wikipedia)

Palmira all’alba (Foto: wikipedia)

La città detta la “perla del deserto” è iscritta dall’UNESCO come Patrimonio Mondiale dell’Umanità. Si trova in un’oasi a 240 km a nord-est di Damasco e 200 km a sud-ovest della città di Deir ez-Zor, sul fiume Eufrate.

È stata per lungo tempo un vitale centro carovaniero, tanto da essere soprannominata la Sposa del deserto, per i viaggiatori e i mercanti che attraversavano il deserto siriaco viaggiando tra l’Occidente (Roma e le principali città dell’impero) e l’Oriente (la Mesopotamia, la Persia, fino all’India e alla Cina). Ebbe un notevole sviluppo tra il I ed III secolo d.C. È particolarmente nota per essere stata la capitale del Regno indipendente di Palmira, sotto il governo della regina Zenobia.

Tempio di Nabu, Palmira, Siria. Camapgna di scavo francese 1910 (Foto: Institut Français du Proche-Orient)

Tempio di Nabu, Palmira, Siria. Campagna di scavo francese 1910 (Foto: Institut Français du Proche-Orient)

Il nome greco della città, Palmyra (Παλμύρα), è la fedele traduzione dall’originale aramaico, Tadmor, che significa ‘palma‘.

La città, nota col nome di Tadmor nel II millennio a.C., è menzionata per la prima volta in documenti provenienti dagli archivi assiri di Kanech, in Cappadocia, nel XIX secolo a.C., ed è citata più volte negli archivi di Mari, nel XVIII secolo a.C.
Riappare ancora negli archivi assiri nell‘XI secolo a.C., come Tadmor del deserto. A quel tempo era solo una città commerciale nella estesa rete che univa la Mesopotamia e la Siria settentrionale.
Una Tadmor è citata anche nella Bibbia come città del deserto fortificata da Salomone.

Dopo questi riferimenti su Palmira cala il silenzio per circa un millennio, e solo nel I secolo a.C. la città viene citata col nuovo nome, datole durante il regno dei Seleucidi, la dinastia ellenistica che regnò sulla parte orientale dei domini di Alessandro Magno, dopo la sua morte dal IV al I secolo a.C.

Il teatro romano di Palmira edificato nel II secolo d.C. (Foto: Corriere.it)

Il teatro romano di Palmira edificato nel II secolo d.C. (Foto: Corriere.it)

Il teatro visto dall'alto (Photograph: Christophe Charon/AFP/Getty Images)

Il teatro visto dall’alto (Photograph: Christophe Charon/AFP/Getty Images)

La dinastia Seleucide che prese il controllo della Siria nel 323 a.C. tuttavia abbandonò la città a sé stessa e questa divenne indipendente. Fiorì come città carovaniera durante il I secolo a.C., come testimonia, nel secolo successivo, lo storico Flavio Giuseppe, e sviluppò un proprio dialetto semitico e un proprio alfabeto.
Anche se la Siria divenne provincia romana nel 64 a.C., pare che Palmira abbia mantenuto una certa autonomia e potenza, tanto che nel 41 a.C.,Marco Antonio cercò di occuparla, fallendo il tentativo.

Vista generale delle rovine

Vista generale delle rovine

Durante i regni di Tiberio (14-37) e di Nerone (54-68) fu annessa e integrata nella provincia romana definitivamente. In quegli anni lo scrittore Plinio il Vecchio, nel suo Naturalis Historia, descrive Palmira, mettendone in rilievo la ricchezza del suolo e la sua importanza commerciale, come crocevia tra Persia, India, Cina e impero romano. Sotto Tiberio venne eretto il santuario di Baal, col tempio dedicato a Baal, a Yarhibol (il Sole) e Aglibol (la Luna).

Ingresso del santuario di Baal, divinità assimilata allo Zeus greco e il Giove latino (foto: wikipedia)

Ingresso del santuario di Baal, divinità assimilata allo Zeus greco e il Giove latino (foto: wikipedia)

Nel 24 aveva fondato una sua colonia sull’Eufrate e un fondaco a Vologasia, città del regno dei Parti, da dove i mercanti raggiungevano le coste del Golfo Persico, approdo per le navi provenienti dall’India.

Nel 129 Adriano visitò Palmira e la proclamò città libera, dandole il nome di Palmira Hadriana.
Tra la fine del II e l‘inizio del III secolo, Settimio Severo o forse il suo successore, il figlio Caracalla, concesse a Palmira lo statuto di città libera.

Cameo raffigurante re Sapore I che afferra per il braccio l'imperatore Valeriano, a segnalare la cattura e sottomissione del sovrano romano dopo la battaglia di Edessa (Cabinet des Médailles, Parigi).

Cameo raffigurante re Sapore I che afferra per il braccio l’imperatore Valeriano, a segnalare la cattura e sottomissione del sovrano romano dopo la battaglia di Edessa (Cabinet des Médailles, Parigi).

Pur non essendo mai stata coinvolta nelle guerre tra Roma e l’impero Partico, subì danni indiretti allorché i Sasanidi occuparono il nord della Cappadocia e la Mesopotamia, interrompendo le rotte commerciali di cui Palmira era tappa fondamentale.  Lo stato di neutralità che aveva fatto la fortuna del regno di Palmira venne mutato in favore di una attiva politica militare, che portò in breve tempo alla sua rovina, da Lucio Septimio Odenato. Insignito della carica di governatore della Siria da Valeriano, si schierò con l’imperatore contro i Parti. Nel 260 dopo la sconfitta e la cattura di Valeriano stesso a Edessa e la nomina a imperatore di Gallieno, Odenato inseguì i Persiani riportando grandi vittorie ottenendo quindi il titolo onorifico di Re dei Re  e dando il via all’Impero autonomo di Palmira con il benestare dell’imperatore. Nel frattempo l’Impero romano era impegnato a contrastare anche le incursioni gote e le frequenti rivolte militari che caratterizzarono il turbolento III secolo.

Dal 260 al 267 Odenato riconquistò un vasto territorio alle truppe partiche, costituendo un regno i cui confini andavano dai monti del Tauro al Golfo Arabico.

Estensione dell'impero di Palmira fino al 271 (Foto: wikipedia)

Estensione dell’impero di Palmira fino al 271 (Foto: wikipedia)

Rientrato a Palmira fu assassinato, assieme al figlio di primo letto Hairan, da un parente di nome Maconio, su mandato della seconda moglie Zenobia o, secondo altre fonti, di Gallieno stesso.
Zenobia, fatto giustiziare Maconio, si proclamò Regina dei re, nel ruolo di reggente del figlio Vabballato ancora minorenne.

L’imperatore Gallieno non interferì, occupato a contenere la spinta dei Goti prima e degli Eruli poi che minacciavano l’impero di Occidente. Fu così che Zenobia intraprese la sua politica espansionistica sottraendo Bitinia ed Egitto all’impero, dopo essersi dichiarata apertamente in contrasto con Roma. Succeduto Aureliano a Gallieno, questi pensò di continuare a tollerare l’ambizione di Zenobia, valutando l’impero di Palmira un utile cuscinetto tra l’impero romano e i Parti.
Tuttavia, una volta risolti i problemi coi Germani, nel 271 Aureliano decise di restaurare l’integrità dei vecchi confini, cominciando dal regno di Palmira.
Riconquistò rapidamente e con poche difficoltà le province perdute e alla fine dell’estate del 272 Palmira si era arresa. Zenobia, che aveva tentato la fuga verso l’Impero dei Parti con suo figlio, fu catturata e condotta a Roma.
Da qui la sua storia è confusa: una versione la vede ritirata in una villa a Tivoli, un’altra morta di malattia subito dopo.

La via colonnata (Foto: Luca Pelagatti/mondoeviaggi)

La via colonnata (Foto: Luca Pelagatti/mondoeviaggi)

Dopo la resa ad Aureliano, i palmireni non subirono ripercussioni, ma la città fu saccheggiata in seguito a una nuova ribellione e le sue mura furono abbattute. Abbandonata, tornò a essere un piccolo villaggio e divenne una base militare per le legioni romane.

Rafforzata come caposaldo militare sotto Diocleziano, tra il 293 e 303, vi fu fatto costruire un grande accampamento, il  campo di Diocleziano come sede di un pretorio.

A partire dal IV secolo le notizie su Palmira si diradano.

Palmyra

Palmyra

Durante il periodo della dominazione bizantina furono costruite alcune chiese, anche se la città aveva ormai perso importanza.
L’imperatore Giustiniano, nel VI secolo, per l’importanza strategica della zona, fece rinforzare le mura e vi installò una guarnigione.
Nonostante ciò la città venne conquistata dagli Arabi nel 634 e andò progressivamente in rovina.

Fu riscoperta da alcuni disegnatori nel XVIII secolo che la portarono alla ribalta pubblicando il volume in inglese e francese  Les Ruines de Palmyre, autrement dite Tedmor au Désert. Gli scavi però iniziarono soltanto nel XX secolo con numerose campagne di ricerca e restauro, in particolare da parte dei francesi nel ventennio di mandato sulla Siria.

Les Ruines de Palmyre, autrement dite Tedmor au Désert ed. 1819

Les Ruines de Palmyre, autrement dite Tedmor au Désert ed. 1819

Assistiamo ora alla distruzione di questo enorme patrimonio storico e culturale per mano di forze armate che contrastano il potere al governo in Siria. E’ di questi giorni la notizia dell’uccisione di Khaled Asaad il responsabile delle antichità per 50 anni e della distruzione del tempio di Baalshamin.
Non vogliamo commentare lo scempio che viene comunemente indicato come Guerra civile Siriana e che rientra nel fenomeno politico più ampio della cosiddetta Primavera Araba  né le sue implicazioni internazionali.

Ci chiediamo solo con molta amarezza “Cui prodest?” 

 

Ricostruzione grafica della città di Palmira con i principali monumenti (Immagine: Focus.it)

Ricostruzione grafica della città di Palmira con i principali monumenti (Immagine: Focus.it)

Gallerie di immagini:

 

Bibliografia:

  • Palmira, gli anni del Mandato
  • Maria Teresa Grassi, La romanità orientale e Palmira: nuove ricerche
  • Franz Cumont, Le province confinarie d’Oriente, in Cambridge University – Storia del mondo antico, vol. IX, Garzanti, Milano.
  • Arthur Christensen, La Persia sasanide, in Cambridge University – Storia del mondo antico, vol. IX, Garzanti, Milano.
  • Andreas Alföldi, Le invasioni delle popolazioni stanziali, dal Reno al Mar Nero, in Cambridge University – Storia del mondo antico, vol. IX, Garzanti, Milano.
  • Andreas Alföldi, La crisi dell’impero (249-270 d.C.), in Cambridge University – Storia del mondo antico, vol. IX, Garzanti, Milano.
  • Harold Mattingly, La ripresa dell’impero, in Cambridge University – Storia del mondo antico, vol. IX, Garzanti, Milano.
  • Carlo Mochi Sismondi, Palmira “Regina d’Oriente”, Formiggini, Roma 1930
  • Deda Pini, La regina di Palmira, Vallecchi, Firenze 1969.
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