Due fosse comuni contenenti 80 corpi sono state scoperte nel delta del Faliro a sud di Atene in Grecia.
I corpi, alcuni proni e altri supini, sembrano appartenere a individui giovani e sani, in base alle preliminari indagini sulla dentatura. Distesi fianco a fianco, 36 di loro avevano i polsi legati e le braccia sollevate sopra la testa, uno di loro aveva anche i piedi legati e uno scheletro presenta una freccia nella spalla, il che suggerisce si trattasse di pigionieri.
In base a due vasi rinvenuti tra i corpi gli archeologi hanno datato la tomba tra il 675 e il 650 a.C.
I risultati finora raggiunti sono stati presentati dal capo archeologo Stella Chrysoulaki. Data “la grande importanza di questa scoperta” il Ministero della Cultura ha annunciato il proseguimento delle indagini.
I ricercatori ritengono che possa trattarsi dei seguaci di Cilone che, secondo brani di Erodoto, Tucidide e Plutarco, tentò, nel VII secolo a.C., di diventare tiranno di Atene occupandone l’acropoli.
Le narrazioni non sono concordi su alcuni particolari ma stando alla narrazione più dettagliata, quella di Tucidide, Cilone era di famiglia nobile e potente tanto da essere genero del tiranno di Megara, Teagene. Vinse ad Olimpia nella doppia corsa e, avendo intenzione di assumere la tirannia di Atene, si rivolse all’Oracolo di Delfi per conoscere il momento propizio. L’Oracolo avrebbe risposto a Cilone di attendere la più grande festa in onore di Zeus per occupare l’acropoli.
Cilone, ricevuto sostegno militare da Teagene e raccolti dei compagni, occupò l’acropoli non appena cominciarono le feste olimpiche, ritenendo così di aver ben interpretato il responso dell’oracolo. Il quale però, non avendo specificato a quale festa si stesse riferendo, secondo Tucidide avrebbe inteso non le feste di Olimpia, ma le Diasie, feste ateniesi in onore di Zeus Meilikhios celebrate fuori dalla città, in occasione delle quali Cilone avrebbe avuto campo libero. Così invece gli Ateniesi, accortisi di ciò che stava succedendo, accorsero in massa dai campi e assediarono Cilone nell’acropoli, finché, stanchi per il passare del tempo, affidarono pieni poteri ai nove arconti per risolvere la questione come meglio sembrasse loro.
Gli assediati cominciavano a soffrire la fame e la sete: Cilone e suo fratello riuscirono a fuggire, di questa fuga Erodoto non fa menzione, gli altri, poiché alcuni erano già morti di fame, decisero di sedersi come supplici sull’altare dell’acropoli. Gli arconti, vedendo che i Ciloniani stavano per morire sull’altare, li convinsero a uscire con la garanzia dell’incolumità, ma una volta fuori li uccisero; alcuni di quelli che si erano seduti come supplici sugli altari delle Dee Venerande furono inoltre uccisi sulla soglia del tempio. Da questo sacrilegio derivò la denominazione, che sempre perseguitò gli assassini, di “empi nei confronti della dea”. In seguito, i colpevoli del sacrilegio furono esiliati, e perfino le ossa dei loro morti furono dissotterrate e allontanate dalla città. Tuttavia, col passare del tempo furono riammessi in città.
Con l’eccezione di Erodoto, le fonti riferiscono concordemente l’iniziativa dell’assassinio dei Ciloniani alla potente famiglia degli Alcmeonidi, e in particolare a Megacle, che secondo Plutarco era arconte all’epoca del fatto. Le cause del fallimento della tentata presa del potere da parte di Cilone non vanno dunque ricercate in un anacronistico intervento del popolo che si oppone alla tirannide, ma nell’ancora solida fedeltà della gente del contado all’aristocrazia alcmeonide.
L’episodio di Cilone è inoltre tra i fattori connessi, secondo l’interpretazione più comune, allo sviluppo della legislazione di Dracone (624-620 a.C. circa), in particolare alle norme che regolamentavano le pene per gli omicidi, il cui giudizio non spettava più alle singole famiglie coinvolte, ma diventava di competenza dell’intera comunità.
Se queste fosse comuni contenessero davvero i colpevoli della rivolta, nuova luce e conferme potrebbero essere gettate sugli scritti degli antichi storici.
Articolo liberamente tradotto e commentato da La Storia Viva
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