Il tesoro di Visigarda (o Wisigarda) pubblicato in un recente articolo ha riscosso curiosità e ci è stato chiesto di approfondire la vita della donna che indossava, nel suo estremo viaggio, tale meravigliosa oreficeria.
Di Visigarda sappiamo relativamente poco. Non conosciamo ad esempio con precisione l’anno di nascita, che viene posto all’incirca nel 510, in base alla data del matrimonio dei genitori. Sappiamo che fu figlia del longobardo Vacone (o Waco), re importante nella storia del popolo longobardo.
Questo la colloca come esponente della stirpe Letingia, ovvero la prima dinastia reale longobarda; prima dell’affermazione dei Letingi infatti, i sovrani, secondo una consuetudine germanica, venivano eletti dall’assemblea del popolo in armi. Il passaggio del trono da Leti, eponimo della dinastia, al figlio Ildeoc rappresentò un decisivo passo verso la stabilizzazione e l’istituzionalizzazione della monarchia longobarda.
Sotto i sovrani della dinastia si compì il tratto conclusivo della grande migrazione che, tra l’inizio dell’era cristiana e la prima metà del VI secolo, condusse i Longobardi dalla patria ancestrale (Scandinavia meridionale) all’Europa centrale, lungo il medio corso del Danubio. La fase finale di questo processo, guidato da sovrani come Tatone e Vacone, coincise con una decisiva ascesa del potere dei Longobardi, divenuti una potenza europea degna interlocutrice di Franchi, Ostrogoti e Bizantini.
La successione tra i Letingi avveniva di regola di padre in figlio, ma usurpazioni erano spesso tollerate.
Verso il 510 Vacone imprigionò il suo predecessore e zio, Tatone, subentrandogli sul trono dei Longobardi. All’epoca il popolo, stanziato lungo il medio corso del Danubio, era in piena ascesa. Erano appena stati definitivamente sconfitti gli Eruli, che da quel momento non vennero più menzionati, probabilmente assorbiti tra le fila dei Longobardi.
Vacone diede un ulteriore impulso alla crescita dell’influenza del suo popolo attraverso una straordinaria aggressività sia militare che politica; nel 526, approfittando della morte del loro protettore Teodorico il Grande, sottomise gli Svevi e occupò le ex province romane Pannonia I e Valeria, corrispondenti all’odierna Ungheria.
Dal punto di vista diplomatico, Vacone sfruttò l’arma dei matrimoni dinastici, sposandosi tre volte: la prima volta con la principessa turingia Ranicunda, la seconda con la principessa gepida Austrigusa e infine con la principessa erula Silinga, mettendo così a segno, di volta in volta, alleanze strategiche con Turingi, Gepidi e infine con ciò che restava degli Eruli.
Proprio dalla principessa gepida Austrigusa nacque Visigarda.
Paolo Diacono la nomina nella sua Historia Langobardorum:
“…poi sposò Austrigusa, figlia dei re dei Gepidi, dalla quale ebbe due figlie, l’una che diede in moglie al re dei Franchi Teudeberto e portava il nome di Visigarda; l’altra si chiamava Valderada e fu maritata a Eusopaldo, un altro re dei Franchi”
HL, Liber I,XXI
Qualche dettaglio in più lo fornisce, nell’Historia Francorum, Gregorio di Tours. Egli ci racconta di un fidanzamento avvenuto all’incirca nel 532-33, che però non condusse subito al matrimonio.
Subito dopo infatti il vescovo narra di una campagna contro i Visigoti della Settimania, durante la quale Teodeberto si invaghì di una donna gallo-romana, Deoteria, vedova con una figlia. Questa divenne la sua amante e subito dopo la morte del padre, la sposò.
Deoteria, diede nel 535 a Teodeberto il suo unico erede maschio, Teodebaldo.
Fece seguito una tragedia familiare della gelosia. Deoteria, secondo Gregorio, era gelosa della crescente bellezza della propria figlia e temeva che potesse rubarle l’attenzione del marito. Fu così che la fece annegare gettandola da un ponte sulla Mosa, nei pressi dell’attuale città di Verdun.
Lo scandalo che ne seguì costrinse Teodeberto a ripudiarla. Finalmente prese in moglie la vecchia fidanzata, Visigarda, ma questa poco tempo dopo morì.
Da Visigarda ebbe una sola figlia, Berthoara, che Gregorio e Paolo Diacono non menzionano nemmeno, ma che troviamo citata da Venanzio Fortunato.
Non sappiamo quale sia stata la causa della morte.
La tomba e il tesoro
La sepoltura che si ritiene appartenga a Visigarda è stata rinvenuta durante gli scavi del 1959/1960 sotto il coro della Cattedrale di Colonia, all’interno di un alloggiamento formato da lastre di trachite.
In questa cavità era collocata una bara in legno circondata da doni funerari di pregio e fu perciò da subito identificata come una sepoltura reale.
Gli oggetti rinvenuti sono davvero straordinari e in grande quantità.
Fili d’oro sono stati trovati in tre punti: sulla fronte, provenienti da una vitta o da un’acconciatura; in prossimità dei piedi, come se appartenessero all’orlo di un abito o di un lungo velo, due differenti fili con lavorazioni diverse e diverse lunghezze; all’interno di un cofanetto ai piedi della defunta, appartenenti al bordo di un mantello, di un velo o di un copriletto.
Assieme ai pochi resti del corpo sono stati trovati:
due orecchini d’oro e granato; un braccialetto d’oro; due anelli d’oro; un set di due fibule ad arco in cloisonné, oro, argento e granato; un set di due fibule a disco in cloisonné, oro e granato; due catene d’oro, uno con moneta pendente di Teodosio II (408-450); una collana composta da 7 solidi d’oro, l’ultimo di Giustino II (518-527); cinque pendenti in oro decorati a filigrana; tre pendenti in cloisonné oro e granato; tre perle simili; sette perle d’oro; nove perle di vetro; una perla di cristallo; un paio di forbici di ferro; un coltello di ferro con un lungo manico e fodero, con cinghia di sospensione ornata con fibbia in oro; rivetti d’oro e ventuno placche decorate in filigrana; una sfera di cristallo montata in oro; una capsella di argento dorato; una fibbia d’argento; due set di fibbie per giarrettiere cloisonné granato e argento; due fibbie d’argento dorate da scarpe; tre bottiglie di vetro; due ciotole di vetro e un bicchiere campaniforme; un vaso di bronzo con supporto ; un secchio di legno bordato di bronzo dorato.
Ai piedi, sulla sua destra, è stato deposto un cofanetto di legno rivestito in bronzo. Nello scrigno vi era un ulteriore tesoro: una pantofola in pelle, una perlina di cristallo, una fusaiola e alcune noci; un corno potorio in cuoio con bordo d’argento; una fiasca di cuoio; un guanto di cuoio; resti di un copriletto di lana e altri frammenti tessili.
Letture consigliate:
Venanzio Fortunato Opere
Paolo Diacono Historia Langobardorum
Fonti:
- Gregorio di Tours, Historia Francorum (testo da Monumenta Germaniae Historica)
- Origo gentis Langobardorum
- Paolo Diacono, Historia Langobardorum
- Olga Magoula, “Usage and meaning of early medieval textiles. A structural analysis of vestimentary systems in Francia and Anglo-Saxon England”, Department of Medieval History School of Historical Studies – The University of Birmingham, October 2008
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