I ricercatori delle università di Newcastle e Oxford hanno per la prima volta catalogato in dettaglio ciascuno dei 54 anelli di tipo Brancaster che esistono oggi nel Regno Unito e affermano che possono essere datati con sicurezza grazie al loro design e al materiale di cui sono fatti. I loro risultati sono stati pubblicati sulla rivista tedesca Bonner Jahrbücher .
Un anello Brancaster è un tipo di anello con sigillo che prende il nome dal forte romano e dal villaggio del Norfolk, dove fu scoperto il primo esemplare a metà del XIX secolo. E’ caratteristico il castone quadrato o rettangolare, inscritto con immagini o caratteri .
La maggior parte dei 54 anelli sono in argento e un piccolo numero in oro, a differenza degli anelli risalenti al primo periodo romano prevalentemente in bronzo. Sono anche diversi dai primi anelli anglosassoni, che erano molto più semplici e rari.
Oltre ad essere indossati come gioielli, erano comunemente usati per sigillare con la cera lettere e altri documenti importanti. I sigilli venivano spesso utilizzati anche come dispositivo di sicurezza per proteggere oggetti sia all’interno delle abitazioni che in caso di trasporto.
Secondo il team di ricerca il fatto che gli anelli siano stati prodotti in metalli preziosi, e che siano stati usati con documenti e merci importanti, li indica come proprietà di individui ricchi e istruiti: l’élite della società britannica dell’epoca.
Il dott. James Gerrard, professore di Archeologia Romana, spiega: “Erano anelli appariscenti e sarebbero stati un segno molto visibile dello status di chi li indossava e della loro fiducia nell’esprimersi come cittadini romani.
Il V secolo fu un periodo di grandi sconvolgimenti e segnò l’inizio della transizione dall’Impero Romano alla Gran Bretagna anglosassone. Questi anelli e le loro iscrizioni danno un’idea di come fosse la Gran Bretagna in questi anni e dell’abito, delle convinzioni, delle ideologie e del livello di istruzione dell’elite in quel momento “.
Alcuni dei 54 anelli sono stati trovati durante gli scavi archeologici in località conosciute come sedi di ville romane, ma molti sono stati trovati come parte di tesori, sepolti accanto ad altri manufatti come monete e gioielli. Un gran numero di anelli sono stati scoperti dai metaldetectoristi e segnalati al Portable Antiquities Scheme, il programma governativo britannico che da ormai 20 anni incentiva e registra i ritrovamenti occasionali in collaborazione con i privati appassionati di metal detector.
Molti dei tesori che includono questi anelli contengono anche un gran numero di monete d’argento tardo-romane. In molti casi queste monete sono state tagliate intorno ai bordi secondo una pratica di manomissione che era illegale durante il periodo romano e si ritiene che questo intervento risalga al V secolo, ad ulteriore prova della datazione degli anelli.
Le incisioni raccolgono un’ampia varietà di disegni. Alcuni riportano quelli che sembrano ritratti dell’imperatore, soldati o amanti, mentre altri presentano delfini e diverse mitiche creature marine come i grifoni di mare, che sono spesso raffigurati nell’arte tardo-romana. Molti altri anelli recano riferimenti al cristianesimo, sia nell’iscrizione che nelle immagini raffigurate sul castone, come colombe o pavoni. Queste immagini sono state a lungo associate al cristianesimo, che aveva iniziato a diffondersi attraverso l’Impero Romano dal IV secolo, dopo Costantino il Grande.
Il dott. Gerrard aggiunge: “Considerando insieme l’uso dell’argento e dell’oro, l’iconografia cristiana, lo stile dei disegni e le loro associazioni con monete d’argento smussate, tutto indica che gli anelli Brancaster appartengano a un particolare momento e possiamo essere fiduciosi nel collocarli fermamente alla fine del IV e nel V secolo. Molti altri oggetti romani si trovano nel sud. Il sud era il centro del potere delle élite civili. Il nord era pesantemente militarizzato, un tipo diverso di società. Alcuni degli anelli cristiani potevano essere di proprietà di sacerdoti di alto rango, forse anche vescovi.”
L’ispirazione di Tolkien
Si ritiene che un famoso anello Brancaster, abbia ispirato JRR Tolkien a scrivere Lo Hobbit e Il Signore degli Anelli.
L’anello d’oro in questione, noto come l’Anello di Silvianus o l’Anello di Senicianus o l’anello di Vyne, fu scoperto vicino alla città romana di Silchester, nell’Hampshire, nel 1785 probabilmente da un contadino che vendette l’anello alla famiglia Chute residente nel vicino maniero del XVI secolo, The Vyne. Gli Chute erano noti per essere interessati alla storia e alle antichità, tuttavia, non fu prima del 1888 che Chaloner Chute notò l’anello e ne pubblicò un documento. Successivamente l’anello fu lasciato dal suo ultimo proprietario al National Trust, assieme ad altri possedimenti ed è ora esposto all’interno del Maniero di Vyne.
Pesa circa 12 grammi e le sue dimensioni sono considerevoli, circa 25 mm di diametro, tanto da poter essere indossato su un pollice o su una mano guantata. L’anello ha dieci sfaccettature e un castone quadrato inciso con l’immagine della dea romana Venere. Sulla fascia è stato inciso “SE | NI | CIA | NE | VI | VA | S | II | NDE”. Presumibilmente, l’inscrizione voleva dire “SENICIANE VIVAS IN DEO” ovvero “Senicianus, possa tu vivere con Dio”, tuttavia, avendo inserito due “I” nella parola “IN” non rimaneva spazio per l’O in DEO. In questo caso si tratterebbe di una scritta cristiana, probabilmente successiva alla forgiatura originale dell’anello con la dea Venere sul castone.
Studi ottocenteschi riportano invece che sia da leggere “SENICIA NE VIVAS IINDE”, essendo iinde una forma troncata di una qualsiasi delle molte parole che iniziano con “INDEC” – la maggior parte delle quali indicano il disonore. Ciò si tradurrebbe in “Senicia non vive indecentemente”.
Circa 30 anni dopo il ritrovamento dell’anello, fu ritrovata una tavoletta incisa con una particolare maledizione, a Lydney, nel Gloucestershire, a più di 160 chilometri di distanza dal luogo di ritrovamento dell’anello, nella zona conosciuta come “Collina del Nano”, sito romano con antiche miniere e un tempio celtico dedicato al dio guaritore Nodens. Le tavolette recanti maledizioni erano comuni nel mondo romano e vengono indicate col nome di “defixiones”.
Il testo, consultabile in dettaglio su Roman Inscriptions of Britain, recita così:
“Al dio Nodens: Silvianus ha perso il suo anello e promette metà del suo valore a Nodens. Tra quelli di nome Senicianus, nessuno goda di salute finché non lo riporta nel tempio di Nodens.”
Nel 1929, circa 150 anni dopo il rinvenimento dell’anello, l’archeologo Sir Mortimer Wheeler, era impegnato in ulteriori scavi del tempio di Nodens, a Lydney. Nel frattempo era avvenuta la pubblicazione di Chute sull’anello e il nome Senicianus, non così comune, probabilmente permise all’archeologo di fare un collegamento. Lo studioso incaricò quindi John Ronald Reuel Tolkien, che a quei tempi era “solo” un professore di filologia anglosassone e celtica all’Università di Oxford, di effettuare ricerche sull’anello in questione nonché sull’etimologia del nome “Nodens”.
Tolkien visitò il tempio varie volte in quel periodo e, l’anno successivo, iniziò a lavorare a quello che sarebbe diventato il suo primo successo letterario: Lo Hobbit, il cui giovane protagonista Bilbo Baggins, come Senicianus, ruba un anello d’oro, che reca una scritta ed è portatore di potere e di sventura al tempo stesso.
Molti ora credono che l’Anello di Senicianus sia stato l’ispirazione per l’anello ne Lo Hobbit.
In un articolo pubblicato su History Today, Mark Horton, professore di archeologia presso l’Università di Bristol, e il dott. Lynn Forest-Hill, responsabile dell’istruzione per la Tolkien Society, spiegano:
“Silvianus perde il suo anello d’oro a Lydney, mentre Gollum ha perso il suo sotto le Montagne Nebbiose. Silvianus crede che il suo anello sia stato rubato da qualcuno di cui conosce il nome, Senicianus, proprio come Gollum pensa che il suo anello sia stato rubato da Bilbo Baggins. Silvianus maledice per nome la persona che sospetta. Allo stesso modo, quando Gollum scopre che Bilbo ha trovato e tenuto per sé il suo anello, grida di rabbia: “Ladro, ladro, ladro! Baggins! Lo odiamo, lo odiamo, lo odiamo per sempre! “Sia Gollum che Silvianus conoscono l’identità delle persone che considerano ladri che hanno rubato i loro anelli d’oro ed entrambi maledicono questi nomi.”
L’associazione dell’anello farebbe ritenere più corretta la lettura dell’incisione come SENICIANE VIVAS IN DEO e la storia che potremmo ricostruire è la seguente: Silvianus perde il suo anello o gli viene sottratto da qualcuno che evidentemente lui conosce bene, si reca quindi al tempio di Nodens per depositare la sua preghiera al dio e la sua maledizione su Senicianus, il quale, consapevole del suo torto, fa incidere la frase successivamente come una sorta di “personalizzazione”, rivelando una fede cristiana. Purtroppo non conosciamo l’esito della maledizione e se l’invocazione cristiana lo abbia protetto da essa, ma sappiamo che Tolkien nel 1937 pubblicò Lo Hobbit e per noi questa storia ha comunque un lieto fine.
Fonti: dailymail.co.uk , nationaltrust.org.uk, guardian.co.uk, interestingpretties
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