Ai bambini si racconta, forse ancora, che i doni sotto l’albero di Natale o accanto al Presepe li consegni Babbo Natale, quel nonno rubizzo e bonario vestito di rosso che guida una slitta trainata da renne volanti, carica di doni fabbricati dalla sua schiera di aiutanti folletti. La consegna avviene “ovviamente” nella notte tra il 24 e il 25 dicembre e questa data è ormai globalmente riconosciuta per la consegna dei doni, esattamente come lo è il suo artefice.
Ma non è sempre stato così, anzi, e forse la cosa vi stupirà, Babbo Natale in queste forme, vesti e abitudini è un’invenzione piuttosto recente che iniziò a crearsi agli inizi del XIX secolo negli Stati Uniti.
Le fasi embrionali del moderno Babbo Natale
La prima descrizione di una figura natalizia “volante” sui tetti delle case pare sia dovuta allo scrittore statunitense di origini scozzesi Washington Irving. Fu scrittore di racconti, saggista, biografo, storico e diplomatico dell’inizio del XIX secolo. A lui e alla sua società letteraria nota come i Lads of Kilkenny, si deve il soprannome di Gotham per la città di New York. Soprannome che non aveva originariamente nulla di positivo, facendo riferimento a una Gottam o Gotham di origine medievale che in antico Anglo-sassone significava “Città delle capre” (Goat’s town).
Di lui conoscerete probabilmente La leggenda di Sleepy Hollow, almeno nella trasposizione cinematografica di Tim Burton del 1999 con il titolo Il Mistero di Sleepy Hollow dove compaiono un indimenticabile Icabod Crane interpretato da Johnny Depp e uno straordinario Cavaliere senza testa interpretato da Christopher Walken, oppure ricorderete un altro famosissimo personaggio letterario, l’olandese Rip Van Winkle, protagonista dell’omonimo racconto.
Entrambi i racconti citati appartengono a una raccolta di scritti brevi, The sketch Book of Geoffrey Crayon, Gent., compilata durante un lungo soggiorno dell’autore presso la sorella a Birmingham e pubblicata sotto pseudonimo negli Stati Uniti a puntate tra il 1819 e il 1820, con gran successo di pubblico e critica sia negli Stati Uniti che in Gran Bretagna.
Una delle influenze più significative di The Sketch Book sulla cultura americana deriva dal ciclo di cinque storie natalizie, che ritraggono una celebrazione idealizzata e antiquata di Yule in un maniero di campagna inglese. Le storie di Irving descrivono le armoniose usanze natalizie inglesi che aveva avuto modo di osservare mentre si trovava ad Aston Hall , Birmingham, in Inghilterra, residenza storica in gran parte abbandonata. Si riferì, inoltre, al trattato Vindication of Christmas di John Taylor (1652), di cui abbiamo parlato in altre occasioni, per informarsi sulle antiche tradizioni natalizie inglesi.
Un po’ mitizzati e un po’ onirici, questi racconti influenzarono grandemente la cultura americana in merito a festività non particolarmente celebrate in quell’epoca, se non nella Pennsylvania Tedesca i cui coloni erano entusiasti estimatori della tradizione natalizia.
Charles Dickens in seguito attribuì a Irving un’influenza sui suoi scritti natalizi, tra cui il famosissimo A Christmas Carol tradotto in italiano come Canto di Natale e pubblicato nel 1843.
Ma fu un altro racconto che germinò l’inaspettata creazione di Babbo Natale. Si tratta di A History of New York, dato alle stampe una prima volta il 6 dicembre 1809, sotto un diverso pseudonimo, quello dello storico olandese Diedrich Knickerbocker.
Questo personaggio immaginario che ha dato il nome agli attuali residenti di Manhattan, alla squadra di basket di New York, ad una via curiosamente parallela a quella dedicata al suo creatore Washington Irving, nonché a un prestigioso hotel newyorkese, merita un articolo a parte, ma per i nostri attuali scopi ci basta nominarlo.
La pubblicazione è una parodia della storia di New York dalla sua fondazione e il fatto che il narratore sia uno “storico olandese” ha un suo buon motivo.
Nuova Amsterdam e San Nicola
Il primo insediamento europeo di quella che è oggi New York sorse nel 1613, quando proprio i coloni olandesi fondarono una base per il commercio delle pellicce nella zona meridionale dell’isola di Manhattan e, nel 1626, venne battezzato Nieuw Amsterdam (Nuova Amsterdam). Il piccolo centro crebbe nei decenni successivi, sotto il dominio dei Paesi Bassi, attraverso la costruzione del Fort Amsterdam e una serie di lotte con i gruppi di nativi algonchini Lenape per il predominio sul territorio circostante. La cittadina venne ribattezzata New York in onore di Giacomo II, Duca di York e Albany nel 1664, quando passò sotto il dominio inglese.
Nella revisione del 1812 Irving introdusse nella sua Storia di New York una sequenza onirica in cui San Nicola vola sopra le cime degli alberi su un carro volante palesandosi a uno dei primi coloni alla foce dell’Hudson, una creazione che altri avrebbero poi vestito da Babbo Natale.
Non si parla ancora di renne, e l’abbigliamento non è definito, ma si parla dello stesso “carro con cui St. Nicholas consegna annualmente i suoi doni ai bambini”. Va osservato che la prima pubblicazione di questo libro sia avvenuta il 6 dicembre 1809, festa di San Nicola, ma che in quella edizione San Nicola non comparisse ancora fisicamente.
In ogni caso l’inserimento del santo nel racconto della fondazione di New York aveva un nesso con i colonizzatori, infatti il culto di San Nicola, in olandese Sinterklaas era fortemente sentito in Olanda come in moltissimi altri paesi europei, ma, come molti altri culti, subì gli attacchi della Riforma.
Durante la Riforma nell’Europa del XVI e XVII secolo, molti protestanti sostituirono il portatore di doni Sinterklaas con Cristo bambino o Christkindl (corrotto poi in Kris Kringle) e spostarono la data dal 6 dicembre, festa di San Nicola, alla Notte di Natale. Se è probabile che la maggior parte dei coloni fosse di fede riformista e non portasse con sé la tradizione di San Nicola, è addirittura certo che la colonia di Nuova Amsterdam fosse controllata dagli Olandesi riformisti che governavano in Madre Patria. Così nei registri, nei diari e negli annuari dell’epoca non vi sono tracce del culto del Santo.
Karl Meisen, nel suo monumentale Nikolauskult and Nikolausbrauch im Abendlande, edito a Düsseldorf nel 1931, rintraccia e riporta una serie di leggi e decreti emessi dalle autorità dei Paesi Bassi, in cui le tradizioni legate al Santo vengono proibite e sanzionate. Uno dei tanti passi recita:
Poiché i magistrati [di Amsterdam] sono venuti a conoscenza che negli anni precedenti, nonostante la pubblicazione del regolamento, nella vigilia di San Nicola varie persone si trovavano in Piazza Dam e in altri luoghi della città con caramelle, commestibili e altri prodotti, in modo che una grande folla da tutta la città si riunì,. . . gli stessi magistrati, per prevenire tali disordini e per togliere la superstizione e le favole del papato dalle teste dei giovani, hanno ordinato, regolato e opinato che nella vigilia di San Nicola nessuna persona, chiunque essa sia, debba trovarsi in Dam o altri luoghi e strade all’interno di questa città con qualsiasi tipo di caramelle, commestibili o altri prodotti. . . [sotto pena di multe molto severe].
Come sempre avviene, una legge proibisce qualcosa informandoci contestualmente della sua esistenza, pertanto possiamo affermare che nonostante le direttive protestanti, il culto popolare venisse mantenuto nei Paesi Bassi. Ma se qualcuno avesse disobbedito a tali provvedimenti anche nella colonia dovremmo trovarne qualche traccia, che al momento però non è ancora stata rinvenuta.
Secondo Charles W. Jones, che lo riporta nel suo Saint Nicholas of Myra, Bari, and Manhattan: Biography of a Legend, la prima menzione di San Nicola in America si trova nel Rivington’s Gazetteer di New York del 23 dicembre 1773, solo 150 anni dopo la fondazione della città:
“Lo scorso lunedì l’anniversario di San Nicola, altrimenti chiamato Santa Claus, si è festeggiato nella Sala Protestante, presso il signor Waldron, dove un gran numero dei figli di questo antico santo hanno celebrato con gran gioia e festeggiamenti”
E l’8 dicembre del 1774 sullo stesso giornale:
“Il prossimo lunedì l’anniversario di San Nicola sarà celebrato dai discendenti delle antiche famiglie olandesi.”
Un altro studioso, Howard G. Hageman, del Seminario teologico del New Brunswick, sostiene invece che la tradizione di celebrare Sinterklaas a New York esistesse fin dal primo insediamento della valle dell’Hudson. Egli concorda sul fatto che “non si può dubitare che quando la rinascita di San Nicola venne con Washington Irving , la tradizionale osservanza dei Paesi Bassi fosse già completamente scomparsa”.
Tuttavia, secondo la sua opinione, le storie di Irving hanno messo in risalto le leggende dei primi coloni olandesi, così mentre la pratica tradizionale pareva ormai estinta, la citazione di Irving poteva aver creato un revival di quel filone olandese di folclore che era solo dormiente.
La Rivoluzione Americana e i nuovi santi
Secondo Jones invece la spiegazione è di tutt’altro genere.
A partire dal 1756 a New York iniziarono a formarsi delle associazioni a sfondo sociale che raggruppavano sotto il nome di un santo di riferimento, i coloni provenienti da una specifica nazione del Regno unito. La prima fu quella di Sant’Andrea per gli scozzesi, seguita poi da San Davide per i gallesi, San Patrizio per gli irlandesi e San Giorgio per gli inglesi. Queste associazioni avevano l’usanza di identificarsi come “Figli del santo protettore”, così vi erano i “Sons of St. David”, “Sons of St. George” e così via.
Nel 1762 i Figli di San Giorgio era la società più importante in assoluto e chiaramente filo-britannica. Ma con l’andar del tempo, mentre le relazioni tra le colonie del nuovo mondo e la patria d’origine si intorbidivano a causa delle tassazioni imposte a fronte di una scarsa rappresentanza in Parlamento, molti altri gruppi istituirono svariate società attingendo non solo a tutti i santi significativi e importanti simbolicamente, ma perfino a nuovi santi istituiti provocatoriamente per l’occasione.
Jones riporta come esempio eclatante i Sons of St. Tammany.
Tammany o Tamanend o Tammamend, fu il capo di una delle tribù che costituì la nazione Lenni-Lenape nella valle del Delaware al momento della fondazione di Philadelphia . Tamanend fu conosciuto come un amante della pace e dell’amicizia e svolse un ruolo di primo piano nello sviluppo di relazioni amichevoli tra i Lenape e i coloni inglesi che si stabilirono in Pennsylvania , guidati da William Penn .
Morto nel 1701 divenne una figura popolare nell’America del XVIII secolo, circondata da un alone leggendario, e la sua fama assunse proporzioni mitiche tra la gente di Philadelphia, che iniziò a chiamarlo “Re Tammany“, “Saint Tammany” e ” Santo Patrono d’America“.
Nel 1772 fu fondata a Philadelphia la società “Sons of King Tammany” che ben presto fu rinominata “Sons of St. Tammany” e si diffuse in ogni stato.
A New York, nella East 14th Street, sorse la Tammany Hall che sulla facciata presentava un’enorme statua marmorea del venerato capo tribù. A causa della prominenza di Philadelphia durante la rivoluzione americana e le decadi successive, Tammany divenne ben presto un simbolo nazionale in gran parte del paese appena formato.
Questo esempio chiarisce un aspetto imprescindibile della società americana dell’epoca. La necessità e la volontà di creare una distinta identità “Americana” in contrapposizione con le precedenti nazionalità europee, ma soprattutto in contrapposizione a quanto costituiva un simbolo britannico.
E’ in quest’ottica, secondo il prof. Jones, che va interpretato il cosiddetto “recupero di San Nicola” .
Secondo la sua analisi, di fatto i coloni non veneravano particolarmente San Nicola, poiché non se ne rinviene alcuna traccia per più di un secolo dalla fondazione di New York. Ma nel 1773, a ridosso della rivolta del Tè, fu fondata la società dei “Sons of St. Nicholas“.
Come se non bastasse questo dato cronologico, Jones sottolinea che in quel momento la comunità newyorkese non fosse più costituita da una maggioranza olandese, ma al contrario, tra tutti i non-britannici la maggioranza fosse detenuta da originari della Germania, e che comunque tra tedeschi, valloni, francesi e fiamminghi non raggiungessero che il dieci per cento della popolazione newyorkese.
Jones analizza poi molte canzoni patriottiche del periodo che utilizzavano i nomi dei Santi per indicare le diverse fazioni e sottolinea che in nessuna compare St. Nicholas a rappresentare New York, sostenendo che questo confuti la leggenda secondo cui il santo sia stato patrono della città.
Di fatto dunque non vi è motivo di ritenere che la figura di San Nicola fosse realmente legata all’originaria colonizzazione olandese della zona, ma fosse uno dei tanti santi riesumati nel clima di rivendicazione anti-britannica che stava crescendo alla vigilia della Rivoluzione.
Dalla Rivoluzione a Irving: The New-York Historical Society
Ci fu però qualcuno che alla figura di San Nicola voleva dar risalto ad ogni costo. Si tratta di John Pintard.
Proveniente da una famiglia ugonotta, attivo patriota e fervente Jeffersoniano, fu Maestro della Loggia Massonica di New York. Nonostante le avverse fortune commerciali, ebbe grandissima influenza nell’America post-rivoluzionaria. Si dedicò alla costituzione di numerosissime associazioni, fu segretario della prima compagnia assicurativa e della Camera di commercio di New York e primo Sagamore (presidente) della Tammany Society, partecipò al movimento che portò alla costruzione e al completamento del Canale Erie che dava gran vantaggi al Porto di New York. Si prodigò nella definizione del sistema scolastico pubblico, ispirò la fondazione della Massachusetts Historical Society e della New York Historical Society, biblioteca e museo della storia americana.
Non è chiaro perché Pintard, tra le numerosissime attività che lo videro coinvolto, dedicò gran parte dei suoi ultimi anni alla promozione di St. Nicholas come patrono non solo della Historical Society di New York ma della stessa città.
Tra le sue carte figura un almanacco del 1793, compilato da lui stesso, in cui riporta il santo nella tradizionale data del 6 dicembre, mentre negli almanacchi pubblicati a New York, tale ricorrenza non compare fino all’anno 1816-17. Tra le altre date curiosamente segnate nell’almanacco privato sono quelle dell’Indipendence Day, il compleanno di Washington e l’anniversario dell’evacuazione britannica di New York.
Apparentemente e fin da subito San Nicola viene associato da Pintard a un aspetto civico e patriottico. Nel 1804 fu finalmente realizzata una delle aspirazioni di Pintard e fu fondata l’Historical Society di New York. Non sono disponibili i resoconti dei primi anni, ma il prof. Jones ci mette a conoscenza che secondo uno dei primi documenti, il 10 gennaio 1809, durante il banchetto annuale della Società, il dottor David Hosack offrì questo brindisi:
“Alla memoria di San Nicola. Che le abitudini virtuose e le maniere semplici dei nostri antenati olandesi non si perdano nei lussi e nelle raffinatezze del tempo presente.”
A quella stessa cena, il nome di Washington Irving fu proposto per l’adesione all’Historical Society. Hosack ripeté il brindisi il 4 settembre al 200 ° anniversario dello sbarco di Hudson: una cena di gala tenuta dalla Society alla City Tavern, con il governatore Tompkins, il sindaco Clinton e l’intera Corporation presente. Il simbolo si stava diffondendo.
Un anno prima, nel gennaio 1808, Washington Irving, assieme a al fratello William e a James Paulding aveva pubblicato quello che chiameremmo uno “zibaldone” e che loro intitolarono “Salmagundi“, prendendo il nome da un piatto originario dell’Inghilterra del XVII secolo che comprendeva carne cotta, pesce, verdure, frutta,
foglie, noci e fiori.
Nel Salmagundi letterario si fa riferimento a San Nicola come santo venerato dai coloni olandesi:
Ai suoi tempi, secondo mio nonno, furono inventati per la prima volta quei dolci degni di nota, i biscotti di fine anno, che in origine rappresentavano da un lato l’onesto aspetto dell’illustre Rip [Van Dam]; e dall’altro il noto San Nicola, volgarmente chiamato Santeclau: di tutti i santi del calendario il più venerato dai veri olandesi e dai loro discendenti poco sofisticati. Queste torte venivano consegnate il primo gennaio a tutti i visitatori, insieme a un bicchiere di brandy di ciliegia o di lampone.
Che sia stato Pintard a ispirare questo racconto non possiamo dirlo, ma evidentemente questo accenno alle usanze dei coloni olandesi gli fu gradito. La vicinanza tra Irving e Pintard proseguì e il fatto che la prima pubblicazione dell’History of New York avvenisse nel giorno di San Nicola non ci pare più una strana casualità.
Ancora prima della revisione del 1812 in cui San Nicola “vola sulle cime degli alberi sopra a un carro volante”, Jones conta non meno di venticinque allusioni al Santo, definendo molti di esse “i più deliziosi voli di immaginazione nel volume”. Dalla nave olandese Goede Vrouw con una polena di San Nicola alle descrizioni delle festività del giorno di San Nicola nella colonia e della chiesa a lui dedicata.
La prima comparsa di Santa Claus
Nel 1810 Pintard pubblica un opuscolo che propone San Nicola come il santo patrono di New York City e alla cena sociale dell’Historical Society dello stesso anno distribuisce ai soci un volantino che riporta la tradizionale iconografia di San Nicola in vesti vescovili e la data del 6 dicembre, si aggiungono le immagini di due bambini, uno buono e uno cattivo, le cui calze appese al camino sono rispettivamente colme di doni l’una e di un solo flagello in legno l’altra, a simboleggiare il giudizio del santo sulla condotta di entrambi.
Ma la cosa che più interessa è la comparsa per la prima volta del nome Santa Claus nella presunta versione olandese della filastrocca. Il testo è riconducibile a una canzone in voga nel XVIII secolo. Sebbene sia un olandese corrotto, probabilmente per la trasmissione orale, vi compare un Sancte Claus che, sempre secondo il nostro professor Jones, non appartiene alla lingua olandese, in cui la forma più comune, sia attualmente che nei secoli passati, era Sinterklaas. Egli la considera piuttosto una forma tedesca derivata da Sanct Herr , ovvero Santissimo Signore, adducendo inoltre che le zone di più antica tradizione nella devozione a San Nicola fossero Svizzera e Germania meridionale, oltre al già citato fatto che la maggior parte della popolazione della New York non-britannica era quella di lingua tedesca.
A meno di due settimane dalla distribuzione di questo volantino, il 15 dicembre 1810, apparve sul giornale Spectator di New York, la prima poesia americana dedicata a Santa Claus, un misto di quanto appena visto sul volantino di Pintard e di quanto pubblicato da Irving nel suo A History of New York.
Santa Claus era nato ad opera di Pintard, ma soprattutto di Irving, e le persone vicine a questo circolo contribuirono alla sua diffusione. Come ad esempio James Paulding, amico e cognato di Irving, suo co-autore nel già citato Salmagundi. Egli fu segretario della Marina militare e scrisse nel 1836 Il Libro di San Nicola che comprendeva tutti i racconti e le leggende elaborate durante l’esperienza di Salmagundi.
Le renna e la data della vigilia
L’illustrazione su una slitta volante si deve per la prima volta a un poema illustrato per l’infanzia di autore anonimo, pubblicato a New York nel 1821 da William B. Gilley con il titolo The Children’s friend. Number III. : A New-Year’s present, to the little ones from five to twelve. Part III.
A questo poemetto di otto quartine si deve anche l’indicazione della consegna dei doni nella notte della vigilia del Natale, come riportato nella seconda strofa, sebbene il titolo indichi che il dono per i bimbi tra i cinque e i dodici anni, sia per l’anno nuovo, elemento che fa riferimento alla tradizione britannica di scambiarsi doni per Capodanno. La stessa casa reale inglese, a partire da Enrico II fino all’avvento del puritanesimo nel XVII secolo, incentivò e praticò l’uso dei doni per il nuovo anno, e tra la gente comune esso proseguì per tutta l’epoca vittoriana. Nel volantino di Pintard la data era ancora il 6 dicembre. Ma sulla mobilità della data torneremo presto.
La comparsa della renna in queste litografie, tra l’altro le prime litografie prodotte negli Stati Uniti, rimane piuttosto oscura. Fino a quel momento a partire dalle descrizioni di Irving, Santa Claus aveva viaggiato in un carro trainato da un comune cavallo, benché fosse in grado di volare.
Jones ritiene di poter individuare l’inventore di questa novità in un altro devoto al mito di Santa Claus e legato, come sempre, al circolo della Historical Society, di Irving e di Pintard, membro del Knickerboker Group, legato da amicizia con Irving, ovvero a Gulian Verplanck.
Le litografie del libretto newyorkese del 1821 non riportano però ancora il gioviale nonnetto che ora conosciamo, ma un uomo magro con abiti ora rossi ora verdi e con cappelli differenti. Ci siamo tuttavia già allontanati dalla figura tradizionale vescovile del primo volantino di Pintard.
Annotiamo anche che, a differenza del moderno Babbo Natale, ma in continuità con il Sancte Claus di Pintard il “Santeclaus” del poema lascia regali come ricompensa solo per i bambini “buoni”. I bambini “cattivi” ricevono una “lunga bacchetta nera di betulla”, il cui uso per la punizione dei genitori è approvato come “comando di Dio”.
The Night Before Christmas
Nel 1822 uscì infine la più famosa poesia su Santa Claus che cambiò definitivamente le cose.
Se il St. Nicholas di Irving era ormai arcinoto a New York e ripreso dal giornalismo locale, se la sua invenzione del carro volante aveva già trasformato l’immagine del vescovo storicamente esistito e venerato per secoli, è questa poesia che fa decollare definitivamente il mito del moderno Babbo Natale.
“A Visit from St. Nicholas” (“Una visita di San Nicola”), fu pubblicata per la prima volta in forma anonima con il titolo di An Account of a Visit of St. Nicholas sul quotidiano Sentinel Troy .
E’ comunemente nota anche come Twas the Night Before Christmas (“Era la notte prima di Natale”) o come The Night Before Christmas (“La notte prima di Natale”), dal suo incipit. Dopo la sua prima apparizione nel quotidiano newyorchese seguirono altre numerose pubblicazioni illustrate. In una, datata 1830, il testo completo è accompagnato da un’illustrazione di Myron B. King, che mostra Santa Claus in cima ad un tetto con la slitta e le renne, che erano diventate otto e che nella poesia avevano ricevuto ciascuna il proprio nome: Blitzen, Comet, Cupid, Dancer, Dasher, Donner, Prancer e Vixen.
La nona renna, aggiuntasi solo nel 1939, è Rudolph dal naso rosso, inventata a scopo pubblicitario dalla catena americana Montgomery Ward.
A partire dal 1838, 16 anni dopo la prima pubblicazione, questi ormai popolarissimi versi, già tradotti in tutte le lingue e illustrati da numerosi artisti, furono attribuiti ufficialmente ad un insegnante di lingue e letterature straniere e studioso di teologia newyorkese: Clement Clarke Moore. Egli conosceva lo scrittore Washington Irving e anche Gulian Verplanck e non solo aderì all’attribuzione, ma incluse i versi in una ristampa della sua poesia e depositò una copia olografica del poema presso la New-York Historical Society.
In merito alla data mobile va detto che quando San Nicola fu introdotto nelle famiglie di New York, la data delle visite dipendeva di solito dall’orientamento religioso della famiglia. Le famiglie anglicane non avrebbero fatto regali a Capodanno, nonostante l’usanza commerciale inglese sopra citata, perché quel giorno era una festa pagana. Le famiglie della Chiesa Riformata non avrebbero fatto regali a Natale perché era un giorno santo cristiano. Moore professore in un seminario anglicano nel 1822 scrisse “La notte prima di Natale”; ma ci sono stampe dei suoi versi durante i successivi trenta anni, fino al 1850, in cui il verso è sostituito con “La notte prima di Capodanno”.
Questi scrupoli religiosi sono poi gradualmente scomparsi. Senza dubbio la popolarità dei versi di Moore ha contribuito a spostare l’evento a Natale.
Il significato del “simbolo” Santa Claus
Questa lunga dissertazione induce a credere che Santa Claus sia sostanzialmente l’invenzione di una singola organizzazione: la New-York Historical Society.
Pintard iniziò una campagna per rilanciare l’usanza di portare doni nel giorno di San Nicola. Washington Irving, anche lui membro della New-York Historical Society produsse una parodia della storia di New York che calzò a pennello con la campagna di Pintard. Il libro divenne un bestseller, una tradizione nacque dall’evocazione di un’usanza probabilmente mai migrata con i coloni. Pochi anni dopo un terzo membro della New-York Historical Society, Clement Clarke Moore, scrisse un piccolo poema per i suoi figli che iniziò con le parole “E’ la notte prima di Natale …” e queste parole cambiarono il mondo.
In “A Christmas Carol”, quando Scrooge comprende lo spirito natalizio e decide di usare il suo denaro per festeggiare il Natale, offre un tacchino in dono per il pranzo e non porta doni. Questo perché la tradizione inglese era di offrire doni a Capodanno. San Nicola, in Europa, portava doni nel giorno della sua festa, il 6 dicembre. I protestanti avevano sostituito San Nicola con Gesù bambino che li portava la Vigilia di Natale.
Santa Claus, costituisce un sincretismo di legami col vecchio mondo e nuove usanze e diviene il primo “prodotto” veramente americano. L’America era stata per secoli un importatore culturale. L’architettura urbana americana era imitazione dell’architettura europea, la letteratura americana era imitazione della letteratura europea. Irving viene riconosciuto come il primo esponente di una letteratura genuinamente americana e Santa Claus ha segnato una nuova era: l’inizio dell’invenzione americana del mondo moderno, il primo esempio di modello esportato verso la vecchia Europa.
In seguito arrivò il primo vero grattacielo, l’Home Insurance Building di Chicago nel 1885, sorprendente non solo come impresa ingegneristica ma come atto di fiducia culturale. Questo edificio era diverso da qualsiasi altro eretto in Europa, e agli americani non importava, perché l’America era entrata nel suo grande periodo di identificazione e creatività. Nel 1903 i fratelli Wright realizzarono il primo aeroplano e Henry Ford inaugurò la sua casa automobilistica in grado di produrre auto in serie, tecnologia che fu in grado di esportare in Europa, a Colonia, nel 1923 mentre nel 1926, introdusse il fine settimana di due giorni. Nacquero il jazz, il blues, il rock’n’roll, Hollywood, il western, gli hamburger e i blue jeans. Tutti nacquero a partire dal momento in cui l’America smise di guardare oltre l’Atlantico chiedendosi se questa fosse la cosa giusta da fare, ma iniziò invece a esportare quanto era riuscita a fare.
Una lettura più economica che sociale potrebbe vedere in Santa Claus e nell’associazione che lo promosse, non solo un simbolo di emancipazione dal vecchio continente ma anche l’espressione dei più formidabili motori dell’iniziativa imprenditoriale americana, ovvero la propaganda e il consumismo.
Non è un caso che Santa Claus abbia raggiunto la sua maturazione iconografica attraverso il marchio di una delle maggiori multinazionali americane: la Coca Cola.
Da Thomas Nast ad oggi
Thomas Nast nacque in Germania e giunse a New York City in tenera età. Divenne illustratore da giovanissimo e collaborò con la rivista Harper’s Weekly per circa 30 anni. Fu impegnato politicamente e le sue vignette satiriche lo resero famoso. Fu anche creatore di molte icone che tuttora riconosciamo, come l’elefante simbolo del Partito Repubblicano e l’asino del Partito Democratico, l’ultima versione dello Zio Sam, e la tigre del già citato Tammany Hall. A partire dal 1863 disegnò anche Santa Claus, e lo disegnò per tutto il tempo che lavorò presso Harper’s contribuendo a standardizzare una figura che, come abbiamo visto, aveva ancora connotati confusi e incostanti. Fu così che Santa Claus assunse forme rotonde, lunghi capelli e lunga barba bianca, un abito di pelliccia, il cinturone e il tipico copricapo.
Fu così incisivo nel determinare l’aspetto di Santa Claus che qualcuno ritiene erroneamente che l’intera invenzione del personaggio, con diretta ispirazione al San Nicola tradizionale, sia sua, ma da quel che abbiamo visto finora non è così.
L’icona di Nast presentava ancora alcuni tratti caratteristici raccontati da Irving e da Moore ormai mezzo secolo prima, come ad esempio l’uso di una lunga pipa e ovviamente la consuetudine di viaggiare sopra i tetti e consegnare doni ai bambini, e curiosamente alternava il nome di Santa Claus a quello di St. Nicholas.
Quanto al colore degli abiti indossati, che fino a quel momento variavano dal rosso al verde al blu, non è dato molto sapere dal momento che le opere di Nast venivano quasi sempre pubblicate in bianco e nero, ma quando colorati apparivano rossi o marroni.
Dopo il 1890, Thomas Nast pubblicò una raccolta dei suoi disegni dedicati al Natale Thomas Nast’s Christmas Drawings for the Human Race che vi invitiamo a sfogliare.
Nei decenni successivi i disegnatori si sbizzarrirono nelle raffigurazioni: nel libro Old Father Christmas, pubblicato dalla British Library nel 1888, la tradizione europea si manteneva ancora, nel nome e nell’aspetto
mentre in alcune rappresentazioni americane il personaggio compariva ancora con qualche caratteristica “antica”, come nel caso di questa cartolina del 1900 proveniente dal Missouri, in cui un Santa Claus dal lungo cappotto è intento a punire un bambino “cattivo”
e altre proseguivano la tradizione di Nast come in questa copertina di “The night before Christmas” in un’edizione del 1900 di McLoughlin Bros
A partire dal 1900 però l’immagine di Santa Claus tese a normalizzarsi e divenne costante nei diversi paesi.
Santa Claus e la pubblicità
Contrariamente a quanto si crede la Coca Cola non fu la prima azienda che utilizzò la popolarità dell’icona natalizia per antonomasia per motivi pubblicitari.
Abbiamo scovato ad esempio questa pubblicità inglese risalente al 1890, in cui un’icona ancora più simile al Father Christmas europeo che al Santa Claus americano, promuove la vendita di bevande analcoliche della ditta Newball & Mason di Nottingham
Oppure questa del 1923 in cui un più “moderno” Santa Claus pubblicizza una bibita della White Rock
Nel 1920 anche Coca Cola Company aveva iniziato a utilizzare l’immagine di Santa Claus per tentare di incentivare le vendite della famosissima bevanda anche nel periodo invernale, pubblicando le sue campagne su riviste come The Saturday Evening Post.
Nel 1930, l’artista Fred Mizen disegnò Santa Claus in un grande magazzino mentre beveva una bottiglia di Coca-Cola in mezzo alla folla. La pubblicità rappresentava il più grande distributore di bibite alla spina del mondo, che si trovava nel famoso department store Barr Co. a St. Louis. Il disegno di Mizen venne utilizzato nella campagna stampa natalizia di Coca-Cola, comparendo su The Saturday Evening Post nel dicembre 1930.
Nel 1931 l’azienda cominciò a fare pubblicità sulle riviste popolari. Archie Lee, il referente di The Coca-Cola Company per la D’Arcy Advertising Agency, volle che la campagna rappresentasse un Babbo Natale florido, realistico e simbolico allo stesso tempo. Così Coca-Cola commissionò al disegnatore del Michigan Haddon Sundblom le nuove illustrazioni per le campagne. Le sue immagini debuttarono nel 1931 e Sundblom restò l’illustratore ufficiale fino al 1964.
Sono quindi da sfatare il mito relativo alla scelta di colori degli abiti di Santa Claus, che si dice fosse basata sui colori del prodotto principale di Coca Cola, così come il fatto che l’intera icona sia stata creata per scopi commerciali. Rimane certo che l’immagine di Santa Claus raggiunse la massima popolarità grazie alla già capillare diffusione di questa bevanda, soppiantando usanze radicate nelle tradizioni locali, come nel caso dei doni portati da Santa Lucia o appunto da San Nicola.
Ma cosa ci fosse “Prima di Babbo Natale” è un’altra storia da raccontare.
Riferimenti:
- Charles W. Jones,”Knickerbocker Santa Claus” The New-York Historical Society Quarterly, October 1954, Volume XXXVIII Number Four
- Charles W. Jones, The Saint Nicholas Liturgy and its Literary Relationships (ninth to twelfth centuries), University of California publications. English studies, 1963
- Charles W. Jones, Saint Nicholas of Myra, Bari, and Manhattan , University of Chicago Press, 1978
- Restad, Penne. Christmas in America: A History. New York, Oxford University Press, 1995.
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