Oggi appaiono come lastre di pietra invecchiate, consumate dal tempo e sbiancate dall’acido suolo scozzese in cui sono state trovate. Ma le ricerche all’avanguardia effettuate su rilievi intagliati in epoca romana rinvenuti sul Muro Antonino hanno rivelato che una volta erano dipinte con colori vivaci e che erano state progettate per mandare un messaggio alle antiche tribù che abitavano la regione.
La dottoressa Louisa Campbell, del dipartimento di archeologia dell‘Università di Glasgow , ha trascorso otto mesi ad analizzare scrupolosamente le tracce sulle lastre di arenaria, usando raggi X e laser per rivelare come sarebbero apparse agli occhi dei Romani.
Per la prima volta è stata in grado in grado di stabilire una tavolozza vivida, che va dall’ocra per rendere la carnagione accesa delle figure a un rosso a base di piombo sui mantelli dei soldati.
Ma i mesi di lavoro hanno rivelato anche un macabro segreto, con le incisioni di nativi in cattività e sconfitti, spruzzati di “sangue” rosso intenso.
L’immagine cruenta fu persino estesa al becco di un’Aquila Romana raffigurata, che apparentemente banchettava sui corpi dei nemici uccisi che osavano sfidare l’autorità di Roma.
Il Muro Antonino, un contrafforte di torba e legname che si estendeva tra il Firth of Clyde e il Firth of Forth, fu eretto per ordine dell’imperatore Antonino Pio nel 142 d.C. dalle legioni di stanza nella zona.
I soldati hanno lasciato le lastre decorative dopo aver completato le loro sezioni, con circa 20 di queste sopravvissute fino ad oggi. Queste lastre fornirono la base della ricerca della dott.ssa Campbell.
Riferisce che le pietre dipinte sarebbero state una forma di propaganda da parte dei Romani occupanti, facendo in modo che le tribù caledoniane sapessero chi era al comando e il destino di coloro che avessero combattuto contro le legioni.
L’Accademica ha dichiarato: “Il pubblico oggi vede le lastre in toni grigi, ma per le persone del tempo sarebbero state colorate in diverse sfumature di rosso e di giallo.
“Da una parte erano per i soldati, a dimostrare la loro dedizione all’Imperatore, riportano scritto infatti che il lavoro fosse svolto a suo nome, ma per la gente del posto sarebbero servite come promemoria del potere di Roma. Facevano parte dell’atto di soggiogazione e della proiezione del potere ed erano un avvertimento di non andare contro Roma”.
Le incisioni, che segnavano anche le distanze lungo il muro, recano iscrizioni in latino che dedicano il muro all’Imperatore.
La maggior parte degli esempi disponibili sono stati scoperti tra i secoli XVII e XIX, e sono in mostra all’ Hunterian Museum dell’Università.
Uno di questi, il Summerston, fu trovato in una fattoria vicino a Bearsden in quella che potrebbe essere stata la base della Seconda Legione.
La lastra recita: “Per l’imperatore Cesare Titus Aelius Hadrianus Antoninus Augustus Pius, padre del suo paese, la seconda legione augustea (costruì questo) per una distanza di 3666 ½ passi”.
Un pannello a sinistra raffigura una Vittoria alata, che sarebbe stata dipinta di un giallo dorato, con una corona d’alloro con cui si preparava a incoronare un cavaliere che cavalca su due prigionieri barbuti e legati.
Sul pannello di destra un’aquila sembra appollaiarsi sul dorso di un Capricorno, l’emblema della Seconda Legione, sopra un altro prigioniero.
La Dott.ssa Campbell ha detto: “Sulle figure degli indigeni ci sono schizzi di sangue sulle loro guance, sul petto e sulle cosce, su un’altra lastra c’è una testa decapitata che sta gocciolando sangue rosso vivo. Queste persone sono fresche di una battaglia contro Roma, e queste ferite sono i resti di quella battaglia. Questo è un messaggio molto duro per chiunque lo abbia visto quando erano appena dipinti”.
La ricerca, in parte finanziata da Historic Environment Scotland (HES), è stata effettuata utilizzando la fluorescenza a raggi X e la spettroscopia Raman per analizzare la composizione elementare e minerale delle pietre.
Campbell ha detto che la tecnica potrebbe ora essere applicata ad altri artefatti in Scozia, come i resti di Pitti, Cristiani o Vichinghi ed ha aggiunto: “Questo è stato un progetto di prova del metodo e ora sappiamo che la tecnica funziona, anche con materiali presi dal terreno acido della Scozia. Le pietre dei Pitti che sono state esposte solo alle intemperie dovrebbero, in teoria, essere più facili da lavorare. Ci sono molti modi per applicare questa ricerca”.
Il prossimo passo sarà quello di creare ricostruzioni digitali delle lastre come sarebbero apparse da nuove.
Patricia Weeks, Coordinatrice di HES per il Muro di Antonino, ha dichiarato: “Siamo lieti di aver potuto finanziare il lavoro della dottoressa Campbell e vedere emergere questi risultati entusiasmanti.
“Sapere come il colore è stato usato dai romani per raccontare storie e creare impatto è un enorme passo avanti nella comprensione di queste rilievi. Le informazioni saranno ora utilizzate all’interno della nostra partnership “Riscoprire il Muro Antonino” dell’ Heritage Lottery Fund per ricreare una lastra a colori.
“Lavoreremo anche su metodi digitali innovativi per ricreare le pietre colorate che possono essere utilizzate sia per l’interpretazione nei siti di ricerca originali, sia nelle gallerie del Museo Hunterian”.
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