Chi si occupa di archeologia, iconografia o rievocazione della tarda antichità e alto medioevo conosce certamente un termine germanico che indica uno dei più diffusi armamenti di difesa del periodo: Spangenhelm. Si tratta di un elmo composto da più segmenti metallici. La calotta è composta da quattro o sei spicchi saldati da una striscia metallica che ne percorre tutta la circonferenza nella parte inferiore; tra uno spicchio e l’altro sono presenti delle bande metalliche che confluiscono sulla cima del coppo. E’ un elmo di facile costruzione che viene raffigurato in moltissime occasioni su manoscritti e bassorilievi. Ne esistono diverse varianti e derivazioni. Vediamo di farne un po’ di storia.
I Sarmati
Appare per la prima volta a noi nota sulla Colonna Traiana del II secolo indossato dai catafratti Sarmati della tribù dei Roxolani. Sono, questi, cavalieri completamente ricoperti di corazza a scaglie su cavalli a loro volta corazzati. Nel IV secolo Ammiano Marcellino li descrive come formidabili cavalieri:
“Esperti più in razzie che in campo aperto, portano aste più lunghe del consueto ed indossano corazze formate da piastre di corna raschiate e levigate, adattate come piume sulle loro vesti di lino.- omissis – Montano questi cavalli veloci ed obbedienti, cavalcano per spazi immensi quando inseguono i nemici o se sono in fuga; a volte ne portano con sé un altro, o anche due, affinché con il cambio, le forze degli animali si riprendano grazie all’alternanza del riposo.” (Ammiano Marcellino, Storie, XVII 12.2-3.)
La sua descrizione, sebbene più tarda, coincide con le immagini immortalate sulla Colonna Traiana che celebra la loro sconfitta (101-102 ) e ce ne rende un’impressione molto viva e precisa. Il contemporaneo Tacito nelle sue Historiae ce li racconta così:
“Perciò i Rossolani, un popolo sarmato, responsabile della distruzione, nel precedente inverno, di due coorti, osando di più, avevano invaso, con circa novemila cavalieri e buone prospettive di successo, la Mesia: puntavano, da barbari feroci inebriati di successo, più alla preda che allo scontro militare. Ma fu loro addosso la Terza legione, appoggiata da ausiliari, che li colse sparsi, senza precauzioni. I Romani s’erano scrupolosamente preparati al combattimento, sicché i Sarmati, dispersi o intenti al saccheggio, appesantiti dal bottino e non potendo contare, con un terreno scivoloso, sulla velocità dei loro cavalli, cadevano sotto i colpi quasi fossero avvinti da catene. In realtà stupisce come tutto il valore dei Sarmati sia, diremmo, esterno alle loro singole persone: militarmente inconsistenti negli scontri a terra, non c’è, si può dire, esercito capace di reggere all’urto delle loro cariche di cavalleria. Ma in quella giornata di pioggia, nel disgelo, a ben poco servivano le aste e le spade, lunghissime e impugnate a due mani, coi cavalli incapaci di tenere l’equilibrio e l’ingombro di pesanti catafratte. Tale armatura, portata dai capi e dai nobili, intrecciata di lamine di ferro o di cuoio indurito, non è perforabile certo dai colpi, ma è di serio impaccio a rialzarsi, se travolti dalla carica nemica. Quel giorno poi sprofondavano nell’alta coltre di neve soffice. Il soldato romano, invece, agile sotto la sua corazza, pronto a bersagliare il nemico con lanci di giavellotti e di aste, poteva trafiggere, se necessario, da vicino, con la sua maneggevole spada, il sarmata inerme (tradizionalmente infatti non si servono dello scudo); e così durò finché i pochi superstiti riuscirono a nascondersi nelle paludi. Qui li finirono i rigori del freddo e le ferite.” (Publio Cornelio Tacito, Historiae 1.79)
Scopriamo quindi la descrizione del loro armamento, fuorché quella dell’elmo, di cui ci rimane soltanto l’immagine scolpita nel marmo.
I Sarmati Roxolani, alleati dei Daci, nella prima fase della campagna traianea vengono sconfitti; nella seconda fase non si fanno coinvolgere, ma li ritroviamo stanziati sul limes al termine del conflitto. In seguito, nel 260, ritroviamo i Roxolani in Pannonia, più o meno l’attuale Ungheria, ancora una volta in uno scontro con l’impero e anche in questo caso sconfitti. Tuttavia, come spesso avveniva in questi frangenti, ampi contingenti di guerrieri e in particolare di cavalieri catafratti, vengono assoldati dall’esercito. Il loro elmo, presente in varie fogge, come testimonia la stessa Colonna Traiana, doveva essere già stato sviluppato e diffuso dalle popolazioni nomadi della steppa eurasiatica, in particolare presso gli Sciti, il cui territorio fu in seguito occupato dai Sarmati, di cui Roxolani e Alani furono due dei gruppi tribali costituenti. A partire dal IV secolo lo vedremo comparire anche tra le truppe romane che fino a quel momento avevano adottato tutt’altra tipologia di elmo.
Gli elmi romani del tardo periodo
Caratteristica degli spangenhelm è la loro diversità assoluta rispetto all’ormai consolidata e altamente sviluppata struttura degli elmi romani in uso fino alla metà del III secolo. Gli elmi della prima età imperiale avevano la propria gamma di caratteristiche comuni. Il coppo è realizzato in un unico pezzo con una guardia integrale per il collo. Ulteriori parti di protezione, come le paragnatidi, erano di consuetudine incernierate, e barre aggiuntive di metallo potevano essere poste a ulteriore rinforzo.
La comparsa dell’elmo “ad arco” (ridge helmet)
Questa lunga e ininterrotta tradizione strutturale bruscamente sparisce. Dopo un periodo di circa mezzo secolo, tra la fine del III secolo e l’inizio del IV, in cui non abbiamo evidenze archeologiche, appare un diverso tipo di elmo, che mantiene la forma sferica del coppo ma lo compone di 2 o 4 parti unite da una fascia metallica longitudinale, da cui la denominazione di elmo ad arco o ridge helmet. Rappresentano questa nuova tipologia gli elmi detti Intercisa e Berkasovo, dai luoghi dei maggiori ritrovamenti. La documentazione archeologica, ma anche quella iconografica e in particolare numismatica, mostra quindi un repentino e completo cambio di stile alla fine del III secolo. Secondo alcuni studiosi, questa improvvisa transizione fu dovuta all’istituzione di fabricae statali, che avevano l’obbligo di fornire determinati quantitativi di armamenti, come riporta la Notitia Dignitatum, a seguito delle accresciute necessità dell’esercito e dell’impero per fronteggiare le varie crisi del III secolo. Scomparirebbe quindi la produzione artigianale di pezzi unici, salvo alcuni rari casi di forniture per elite, sostituita dalla produzione in serie, all’interno di strutture organizzate e con un processo di lavorazione compiuto da diversi artigiani specializzati per ciascuna componente dell’elmo. Secondo altri, ma le due cose non sono in alternativa, la comparsa della nuova foggia di elmi si deve appunto a Costantino I, che a partire dalla vittoria di Ponte Milvio contro Massenzio, prende a farsi raffigurare con un elmo di ispirazione orientale, persiano-sasanide, dando luogo a una tradizione simbolica orientaleggiante che si manifestò in molti altri aspetti della corte di Bisanzio da lì in avanti. In realtà fin da Diocleziano compare un simile copricapo sulle monete ed entrambi gli imperatori misero pesantemente mano all’organizzazione dell’esercito, motivo per cui si può ritenere che la nuova produzione, la nuova organizzazione dell’esercito e dei suoi rifornimenti e la “moda” orientaleggiante siano fenomeni correlati e concause della variazione improvvisa nella forma degli elmi romani.
Elmo di tipo Berkasovo rinvenuto a Deurne, Paesi Bassi Elmo gemmato da cavalleria romana del tipo Berkasovo, IV secolo d. C., ferro ricoperto da foglia di argento dorato, decorazione in gemme vitree, da Novi Sad, Museum of Vojvodina (Foto: Milica Đukic’) Elmi da Intercisa forte romano sul limes danubiano settore pannonico, attuale Dunaújváros, Ungheria ( Magyar Nemzeti Múzeum, Budapest) Elmo del tipo Intercisa, metà IV secolo, rinvenuto ad Augusta-Pfersee, Germania
L’indicazione che l’influsso sasanide abbia determinato il nuovo modello di elmo si ha soprattutto sul fronte iconografico, ma anche grazie a quello che è stato considerato un “anello mancante” nei ritrovamenti archeologici, ovvero il famoso elmo sasanide di Dura Europos, nell’attuale Siria, avamposto romano proprio al confine col mondo partico-sasanide, da cui provengono importanti testimonianze grafiche dell’armamento persiano dei primi secoli dopo Cristo. Questo elmo, sebbene presenti un coppo più alto, è strutturalmente confrontabile con gli elmi ad arco romani, in quanto composto da due parti unite e rinforzate da una striscia metallica antero-posteriore.
Gli ultimi reperti di elmo ad arco risalgono al V secolo, ma elmi di foggia simile o derivata sono rappresentati in manoscritti di area bizantina fino al X-XII secolo e molti elmi di area germanica dei secoli immediatamente successivi sono considerati da alcuni esperti derivazioni di questa tipologia di elmo.
Evoluzione
In parallelo, a partire dal IV ma soprattutto nel corso del V secolo, si diffuse tra le truppe romane anche la tipologia a coppo più alto e ogivale, a 4 o 6 segmenti, molto simile a quelli raffigurati nella colonna Traiana indossati dai Roxolani. Opinione diffusa tra gli studiosi è che, veicolato dagli scorridori e dai mercenari provenienti dalla steppa, lo Spangenhelm si diffuse non solo tra le truppe di cavalleria dell’Impero romano stanziate nelle provincie più orientali (III secolo) ma anche tra i cavalieri persiani: Parti prima e Sasanidi poi.
Le due tipologie, quella diffusa in occidente e quella in uso presso i Sasanidi, mostrano comunque chiare differenze ed è difficile dire se vi sia derivazione dell’una dall’altra o si tratti di semplici reinterpretazioni e adattamenti locali.
Elmo sasanide (Foto: Musée d’Art Classique de Mougins) Elmo sasanide da Ninive, attuale Iraq Elmo sasanide conservato al Metropolitan Museum di New York Elmo sasanide conservato al Museum of arts di Los Angeles
Vogliamo notare che già sulla Colonna Traiana, le forme degli elmi sono variegate e che la varietà è confermata da ritrovamenti, sebbene risalgano a epoche successive. Diversi studiosi hanno avanzato circostanziate teorie, classificando in gruppi e sottogruppi i reperti, tentando di interpretare la successione evolutiva e la derivazione di un tipo dall’altro, con estrema difficoltà.
Spangenhelm e altri elmi dalla colonna traiana (Immagine da Simon James) Disegno degli elmi raffigurati nei trofei sul basamento della colonna triana (Immagine da Simon James) Disegno dell’elmo tardo romano di Leiden (Immagine da Simon James)
Un esempio della difficoltà di cui parliamo sono due particolari ritrovamenti.
Gli elmi di Der el Medineh e di Leiden.
L’elmo noto come Der-El Medineh, dal luogo geografico in cui fu ritrovato, è stato variamente datato dai diversi autori, in un arco temporale tra il IV e il V secolo.
Fu rinvenuto agli inizi del XX secolo in un pozzo, e il contesto non fu quindi di grande aiuto per la sua esatta collocazione storica. L’elmo, che attualmente è conservato al Cairo, nel museo Egizio, è composto di sei segmenti tenuti assieme da altrettante fasce rivettate, alla sommità un disco dotato di un anello congiunge tutte le fasce. Le paragnatidi, molto ampie, sono tenute da solide cerniere e una lamina a T aggiunta e rivettata a sua volta al bordo inferiore costituisce il para-naso. L’intero elmo è costruito in ferro.
L’elmo rinvenuto a Der-el-Medineh, Egitto Elmo conservato al Rijksmuseum van Oudheden di Leiden, Olanda. Rinvenuto in Egitto, datato IV secolo Rivestimento interno in pelle dell’elmo di Leiden
Bassorilievi dall’arco di Galerio. Gli elmi indossati dai romani sono molto simili al tipo in ferro di Der-el-Medineh, incluso il paracollo e il paranaso. Elmi rappresentati sull’Arco di Galerio (Immagine da Laubscher) Elmo di Der-el-Medineh da Dittman
Il cosiddetto elmo di Leiden, dalla città dove attualmente è conservato, fu rinvenuto anch’esso in Egitto in una località imprecisata. Risale probabilmente al IV secolo e sebbene anch’esso completamente costruito in ferro, presenta solo quattro spicchi triangolari rivettati assieme. Anch’esso ha due paragnatidi incernierate, ma non ha il paranaso. Nella parte superiore dell’elmo vi è un disco con un foro al centro. All’interno dell’elmo era un rivestimento, in buone condizioni, realizzato in un unico pezzo di pelle. Questi due esemplari, in particolare quello di Der-el-Medineh, vengono accostati ai rilievi dell‘arco di Galerio, nella città di Tessalonica, attuale Salonicco. L’arco fu costruito dopo il 297 per celebrare il trionfo contro il re persiano Narsete. Di fatto questo parallelo iconografico rappresentata il riferimento più certo per la datazione dei due ritrovamenti. L’elmo di Leiden parrebbe più affine alla tipologia sasanide di cui abbiamo alcuni esempi.
Questi due ritrovamenti complicano uno schema evolutivo elaborato da Klumbach che individua una diretta derivazione dalla tipologia ridge helmet attraverso un sempre maggior numero di parti componenti il coppo fino ad arrivare al tipo rinvenuto a Conceşti e risalente al V secolo. L’idea era che il modello sasanide di III secolo fosse importato tra i romani e, diffuso primariamente da Costantino, venisse progressivamente modificato nel corso del IV secolo, per giungere nel V secolo a un breve passo dal definitivo spangenhelm.
In parallelo il mondo sasanide sviluppava anch’esso una maggior complessità, ma secondo modelli lievemente differenti sebbene simili.
Elmo rinvenuto a Conceşti, Romania. Datato V secolo L’elmo di Conceşti, Romania, rinvenuto in una tomba e datato V secolo. In ferro con cresta in bronzo e decorazioni in argento dorato (Foto: Museo Hermitage, San Pietroburgo)
Tuttavia l’elmo di Conceşti, è solo apparentemente segmentato, appartenendo piuttosto alla categoria ridge helmet e non pare un punto di arrivo della linea evolutiva ipotizzata da Klumbach. Inoltre la datazione attribuita dallo studioso ai due elmi egiziani, ovvero VI secolo e cioè successiva a Conceşti è smentita dall’iconografia.
Se l’elmo di tipo Der-el-Medineh è raffigurato al termine del III secolo sull’arco di Galerio, indossato da alti ranghi militari, la sua diffusione è da anticiparsi e da mettere in parallelo a quella del tipo ridge.
Di fatto è poco realistico immaginare un modello unilineare. Le influenze possono essere andate da un’area culturale all’altra in entrambe le direzioni e bisogna tener conto di almeno tre luoghi di produzione di elmi ovvero il mondo sasanide, l’impero romano, in cui la produzione di armamenti subì una rivoluzione sul finire del III secolo, e il barbaricum in cui Sarmati e Goti certamente sviluppavano le loro tecnologie costruttive.
Anche la teoria di una progressiva maggior complessità non è supportata dalle seppur esigue prove materiali: due degli elmi a cresta più antichi, Berkasovo I e Deurne, entrambi risalenti alla prima metà del IV secolo sono tra i più complicati. D’altro canto uno dei pochi esempi datati con certezza di elmo semplice, Intercisa, risale all’inizio del V secolo.
E’ molto più probabile che nel corso del IV secolo fossero in uso diversi tipi di elmo contemporaneamente. Non dobbiamo dimenticare la straordinaria somiglianza tra i tipi riprodotti sulla Colonna Traiana, l’Arco di Galerio e i ritrovamenti egiziani. Questo implica che il tipo spangenhelm delle popolazioni transdanubiane, già esistente nel I-II secolo è entrato in uso nell’esercito romano, quasi certamente attraverso le truppe barbariche ausiliarie. La datazione dei due elmi egiziani al III secolo potrebbe significare sia un’adozione da parte di alcune fabbriche locali di questo particolare modello, come la continua “importazione” di modelli da parte dei gruppi barbarici danubiani inseriti tra gli ausiliari.
Spangenhelm tipo Baldenheim
Il classico e più noto spangenhelm è il tipo Baldenheim, nome derivato dalla località nell’attuale Alsazia in cui è stato trovato nel 1902 un bell’esemplare da cerimonia conservato oggi al Museo di Strasburgo.
Elmo di V secolo rinvenuto nel 1902 a Baldenheim, Alsazia (Foto: Museo di Strasburgo) Elmo di V secolo rinvenuto nel 1902 a Baldenheim, Alsazia. Vista laterale. (Foto: Museo di Strasburgo)
Ne sono stati rinvenuti circa 40 esemplari distribuiti su un arco temporale che va dalla metà del V all’inizio del VII secolo. Il più antico esempio databile proviene dalla necropoli Alamanna di Gültlingen scoperta nel 1901 e in uso tra il 460 e il 510. La tomba che lo conteneva, datata 460 – 480, presenta un corredo principesco, con una spatha la cui elsa è rivestita in lamina d’oro, una chiusura da borsa in cloisonné, lancia, umbone di scudo, ascia da lancio, detta franziska, una ciotola in vetro di derivazione franca, fibbia da cintura in schiuma, decorazioni in oro e granati per la cintura e una croce pendente con granati di fattura danubiana.
La spatha e l’elmo sono stati riconosciuti di fattura romana, indossati come status symbol e probabilmente inviati come doni dall’impero o come ricompensa per servizi militari.
L’elmo di Gültlingen è costituito da sei placche in ferro fissate tra loro e bordate da listelli in bronzo dorato; ha paragnatidi di dimensioni medie ricoperti di lamine di rame dorato. Il paranuca non si è conservato, ma doveva essere composto da anelli di ferro.
Ancora più ricca la tomba del cavaliere alamanno di Gammertingen, in cui accanto all’elmo molto simile al precedente ma con maggiori decorazioni e meglio conservata doratura, compare una panoplia completa con lancia, angon, frecce, umbone, franziska, e un’incredibilmente conservata armatura in maglia di ferro. Sono presenti inoltre vasellami in bronzo, ceramica e vetro; decorazioni da cintura e fibbie in oro, un morso per cavallo e un paio di forbici.
Altri esemplari provenienti da Planig , Gellep , Stößen e Morken in Germania, St. Vid / Narona in Dalmazia, Steinbrunn in Austria, Dolnie Semerovce in Slovacchia, Chalon-sur-Saône , in Francia e Roseto degli Abruzzi (Montepagano) in Italia inducono a ritenere che i Goti in Italia e nei Balcani, i Gepidi in Ungheria, i Burgundi sul lago di Ginevra, Alemanni , Franchi , Turingi e Longobardi utilizzassero questo tipo di elmo. Un esempio viene dalla Libia ed è noto anche un frammento dal Gotland.
Lo spangenhelm dorato di Krefeld-Gellep. Un’iscrizione ci rivela il nome del proprietario “Arpvar”, circa 500. (Foto: Museumszentrum Burg Linn) Il corredo funerario della tomba Franca del “principe” Arpvar a Krefeld-Gellep. La datazione della sepoltura è dovuta alla presenza di un solido di Anastasio, che colloca la deposizione nel periodo del regno di Clodoveo(Foto: Museumszentrum Burg Linn) Spangenhelm dal Nord Italia (Ravenna?) circa 500. (Foto: Kunsthistorisches Museum Vienna Due Spangenhelm datati circa 500 d.C. rinvenuti a St. Vid/Narona in Dalmazia a sinistra, Steinbrunn in Austria (Foto: Kunsthistorisches Museum di Vienna) Spangenhelm dalla tomba del cosiddetto “Signore di Morken”, 600 d.C. (Foto: -Landesmuseum di Bonn) Fibbia in ferro ageminato dalla tomba del cosiddetto “Signore di Morken”, 600 d.C. (Foto: -Landesmuseum di Bonn) Elmo di Planig, rinvenuto nel 1939. (Foto: Landesmuseum Mainz) Replica di Spangenhelm da Dolnie Semerovce, Slovacchia. VI secolo (Foto: National Museum di Praga) Elmo da Chalon-sur-Saône, VI secolo (Foto: The Metropolitan Museum of Art)
Vogliamo dedicare uno spazio allo splendido esemplare rinvenuto a Montepagano, nei pressi di Cologna, in provincia di Teramo nel 1896. Certamente ostrogoto è uno dei rari esempi italiani. Del periodo infatti si sono ritrovati pochissimi corredi funerari maschili. Si ritiene che questo elmo sia rimasto sul campo di battaglia durante uno dei numerosi scontri occorsi durante le guerre greco-gotiche iniziate nel 535 o nascosto prima della fuga. Come racconta lo storiografo Procopio di Cesarea, testimone oculare in quanto consigliere del generale Belisario, nel 537 i bizantini, dopo aver conquistato Roma e oltrepassato l’Appennino, devastarono il territorio dell’attuale Alba Adriatica e nel 538 dilagarono nel Piceno da Rimini fino a Ortona. Un’armatura, i manufatti in bronzo e rame ed i resti equini, recuperati in una specie di ripostiglio nel podere della famiglia Savini, sono verosimilmente da attribuire a un cavaliere goto, che dovette abbandonare tutto per sfuggire alle schiere bizantine. L’elmo ostrogoto di Cologna, impreziosito da una decorazione figurata con motivi tra i quali l’aquila, simboli cristiani, tralci di vite e archi sorretti da colonne, è tuttora conservato, ed esposto al pubblico, presso il Museum für Deutsche Geschichte di Berlino. Ai disastri militari seguì una tremenda carestia e, come ha scritto Procopio: “Nel Piceno dicesi che non meno di 50.000 contadini morirono di fame”.
Una paragnatide rinvenuta nella Grotta di Frasassi di Genga, Ancona, deve molto probabilmente riferirsi allo stesso periodo e a un episodio similare.
Fino a Carlo Magno?
Nell’area scandinava e anglosassone hanno predominato nel frattempo diversi tipi strutturali di elmi, derivati più direttamente dagli elmi a cresta romani o da varianti apparentemente simili agli spangen denominati bandhelm.
A partire dal VII secolo, nell’area continentale, non disponiamo più di dati archeologici secondo un fenomeno che è legato all’abbandono della pratica dei corredi funerari. Tuttavia ritroviamo ancora tracce dello spangenhelm nei manoscritti di età carolingia.
La questione sull’utilizzo di stili iconografici precedenti è stata spesso affrontata per molti aspetti delle illustrazioni contenute nei documenti di VIII – X secolo e non possiamo certo escluderla. Tuttavia non è da escludere nemmeno che l’uso, già longevo, dello spangenhelm sia proseguito negli ultimi secoli del millennio, per lo meno nelle aree continentali. Vi proponiamo alcune illustrazioni a sostegno di questa tesi.
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- G.Cascarino – C. Sansilvestri, L’ esercito romano. Armamento e organizzazione. Vol. 3: Dal III secolo alla fine dell’Impero d’Occidente, Rimini, Il Cerchio, 2009
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