Clodoveo: la nascita del Regno
Il regno di Siagrio sopravvisse all’Impero occidentale per altri 10 anni, fino alla Battaglia di Soissons del 486. Questa fu l’ultima battaglia dell’Impero d’Occidente e la prima tappa di conquista del regno barbarico dei Franchi. Ne fu artefice Clodoveo figlio e successore di Childerico.
Secondo Gregorio di Tours il suo regno durò circa 30 anni, dalla morte del padre al 511. In questo ampio periodo Clodoveo espanse e consolidò sotto ogni aspetto il regno Franco. Non solo conquistò il Regno di Soissons ormai agonizzante, raddoppiando di fatto l’estensione territoriale, ma allargò la sua influenza sui Franchi Ripuari e sui Burgundi con due matrimoni, sconfisse definitivamente gli Alamanni e mandò in sposa la propria sorella a Teodorico il Grande, re dell’Italia Ostrogota a Ravenna. Clodoveo riuscì ad estendere il suo dominio dalla Somme alla Loira attraverso uno spregiudicato utilizzo di una particolare miscela di capacità bellica, intrighi e assassinii politici.
Ma la vera svolta per la legittimazione locale e internazionale del proprio potere fu la conversione al cattolicesimo: in un’area dominata da re pagani o ariani, scelse di divenire cattolico, con un rito pubblico che coinvolse anche 3000 dei suoi guerrieri.
Questo fatto, celebrato a lungo nell’arte e nelle cronache, assunse un valore che superò di gran lunga la dinastia merovingia, facendo dei Franchi gli alleati d’elezione del Papato per molti secoli a venire.
Il racconto giunto fino a noi segue lo sviluppo classico già visto nei racconti di conversione di Costantino o di Ethelbert del Kent: una vittoria in battaglia e una figura femminile già devota credente che lo convince al nuovo credo. Nel caso di Clodoveo la moglie burgunda Clotilde spiega al marito che la sua vittoria contro gli Alemanni è frutto della protezione divina. Non è dato sapere se vi fu ruolo di Clotilde, ma certamente la vittoria conto gli Alemanni, avvenuta tra il 495 e il 506, è seguita storicamente da un battesimo di massa dell’esercito da parte del vescovo di Reims che, in una sola grande funzione battezza Clodoveo e i suoi 3000 soldati.
In alcuni testi si commenta che la facilità con cui Clodoveo allargò il proprio dominio è frutto di una maggior accettazione del cattolico re da parte della popolazione gallo-romana, oltre che, ovviamente, di un appoggio da parte dell’episcopato e della Chiesa di Roma. Tuttavia, a guardare la cronologia degli eventi, il battesimo arrivò dopo gran parte delle conquiste, molto probabilmente causa ed effetto furono poste in relazione diversa: Clodoveo ottenne dapprima l’appoggio dei vescovi e successivamente diede loro la propria conversione. La conversione fu invece probabilmente molto utile nello sconfiggere i Visigoti ariani, nel 507.
In quell’occasione, e di lì in poi, il popolo franco, e in particolare il suo re, poteva presentarsi come il difensore della fede, in terre dominate ancora dal paganesimo o dall’arianesimo dei nuovi regnanti barbarici. Non è un caso la diffusione in questo periodo del culto di San Martino, santo gallo-romano che divenne patrono dei Franchi, di cui proprio Gregorio di Tours narra copiosi esempi di miracoli nel suo De virtutibus sancti Martini episcopi.
Pactus legis Salicae o Lex Salica
A Clodoveo si deve anche la stesura della famosa Legge Salica, del 503, che fissa per iscritto norme giuridiche preesistenti, sino ad allora tramandate oralmente. Le norme contenute riguardavano ogni ambito e prevedevano pene pecuniarie o corporali di diversa entità, in funzione dello status del danneggiato: uomo libero franco, schiavo o non-franco. Sebbene preceduta nel mondo barbarico da altre raccolte scritte, per esempio la Lex Burgundionum, la raccolta di Clodoveo assunse particolare risonanza rispetto al diritto successorio che escludeva l’eredità per le femmine. Questa legge, o meglio questo particolare aspetto della legge, venne utilizzata in modo più o meno anacronistico da tutte le case regnanti, riesumandola in occasione di conflitti dinastici. All’aspetto successorio della Lex Salica fanno riferimento legislazioni giunte fino ai nostri tempi. Lo Statuto albertino ancora nel 1848 recita, all’articolo secondo, comma due: Il trono è ereditario secondo la legge salica. L’attuale casa regnante inglese ha assunto una variante della legge salica, che consente alle femmine di ereditare il titolo solo in assenza di figli maschi.
La Legge Salica però non prevedeva il maggiorascato, ovvero quella caratteristica che attribuiva l’eredità al primogenito tra i figli maschi. Alla morte di Clodoveo il grande regno così creato subì una nuova spartizione.
A quel tempo il territorio del Regno Franco aveva assunto quasi le dimensioni dell’attuale Francia. La zona citata nelle fonti come Austrasia includeva l’iniziale Toxandria, tra Reno e Schelda, e le aree a est e ovest del Reno centrale occupate in origine dai Franchi Ripuari; la Neustria corrispondeva al Regno di Siagrio; l’Aquitania fu strappata ai Visigoti nella battaglia di Vouillé del 507; l’Alamannia fu conquistata nella famosa battaglia di Tolbiac ricordata nell’episodio del battesimo; Guascogna e Burgundia erano regioni tributarie.
I Quattro regni
Dopo l’espansione e il consolidamento del regno dovuto a Clodoveo, si ebbe, con la successione tra i suoi quattro figli, una divisione del territorio geograficamente incoerente, un fatto che fu preso in considerazione per spiegare la successiva debolezza dei Merovingi.
Oltre alla divisione in quattro regni vi era una mancanza di continuità territoriale all’interno di alcuni di essi e molti studiosi hanno tentato di darne una spiegazione. Ian Wood ipotizza che la divisione si basasse sulle rendite dei territori piuttosto che la loro distribuzione, tenuto conto che le amministrazioni erano locali e fortemente decentrate e che la continuità geografica poteva non essere importante. Oppure si può anche supporre, come fa Roger Collins, che alcuni possedimenti del primogenito Teoderico, ventiseienne all’epoca della successione, fossero stati acquisiti da lui personalmente durante le campagne militari al fianco del padre.
I figli di Clodoveo: Clotario, Clodomiro, Teodorico e Childeberto, in conformità della tradizione franca, si divisero il regno, costituito dall’antica Gallia, con esclusione della Provenza, della Settimania, corrispondente all’antica Gallia Narbonense, e del regno dei Burgundi.
Dopo la spartizione Teodorico I è re di Reims; Clodomiro è re di Orléans; Childeberto I è re di Parigi; Clotario I è re di Soissons.
La divisione del regno venne pertanto stabilita secondo le norme di diritto privato, fatte redigere dallo stesso Clodoveo nella legge salica: il regno franco è il patrimonio del re, la nozione di bene pubblico, per altro esistente nella legge di Clodoveo, qui è ignorata semplicemente perché lo Stato è considerato bene personale. La parte più grande, circa un terzo dell’intero regno, che a nord, si estende tra il Reno e la Loira, e al sud nella parte orientale dell’Aquitania, spetta al figlio maggiore Teodorico, nato dalle prime nozze o, secondo Gregorio, il primo concubinato di Clodoveo.
Sebbene il regno non fosse governato da un unico re, verso l’esterno il regno Franco si comportò come fosse uno solo. Non si ebbero lotte fratricide, ma piuttosto qualche coalizione tra i fratelli per sottomettere altre zone della regione francese. La spartizione del regno in atto offriva effettivamente un’occasione favorevole agli stati semi-dipendenti per rigettare il giogo che Clodoveo aveva loro imposto; ma né i Burgundi né i Visigoti erano in condizione di compiere il tentativo, e Teodorico, il potente re degli Ostrogoti, non si interessò di trarre vantaggio dalla morte di Clodoveo, avendo sempre intrattenuto buoni rapporti con il regno Franco. In queste circostanze i Franchi, ben lontani da perdere terreno, furono in grado di estendere i limiti del regno e rinsaldare la loro supremazia.
Se alcuni autori hanno ritenuto di intravvedere in questa iniziale spartizione l’origine della decadenza del regno merovingio, in realtà appena agli albori, forse lo fecero avendo un’idea di finalità al regno unitario. Non pare fosse questa la criticità all’epoca. La gestione di regni distinti, ma coalizzati, risultava ai sovrani germanici molto più consona che alle nostre menti europee contemporanee, educate all’idea dell’unificazione a tutti i costi.
La questione Burgunda
Il primo passo degli eredi di Clodoveo fu la conquista della Burgundia, complici circostanze a loro favorevoli all’interno della corte burgunda stessa.
Gundobaldo, re di Burgundia, morì nel 517, lasciando due figli, Sigismondo e Gondomaro, come successori congiunti al suo trono. Il primo di questi aveva sposato Ostrogota, una figlia di Teodorico il Grande, da cui ebbe un figlio, Sigerico. Alla morte di Ostrogota, Sigismondo prese come sua seconda moglie una donna di umili condizioni, il cui nome non ci è pervenuto, ma che secondo il racconto di Gregorio, perseguitò il figlio della defunta regina con tutto l’odio popolarmente attribuito alle matrigne: ” Sicut novercarum mos est.” (Greg. HF. III, 5.)
Giunse ad accusare Sigerico di complottare per ottenere la corona con il sostegno del potente nonno. L’accusa fece immediatamente breccia e Sigismondo ordinò la condanna a morte di Sigerico . Il rimorso inevitabile, ma troppo tardivo, fece sì che Sigismondo si richiudesse nel monastero di San Maurizio da lui fondato nel 515.
Il suggerimento di un intervento, piuttosto imperioso secondo il racconto di Gregorio, venne dato agli eredi di Clodoveo proprio dalla madre, Clotilde.
” Non me poeniteat carissimi vos dulciter nutrisse. Indignamini, quaeso, injuriam meam, et patris matrisque meae mortem sagaci studio vindicate.”
Greg. HF. III, 6
Stiamo parlando della stessa Clotilde fautrice della conversione del marito Clodoveo, che dopo la sua morte si era ritirata nel monastero di San Martino a Tours.
Le parole dal testo di Gregorio devono essere spiegate: Clotilde era figlia del re burgundo Chilperico II, assassinato nel 492 dal fratello Gundobaldo che ne uccise anche la madre, era quindi nipote del defunto re e cugina del Sigismondo che uccise il proprio figlio Sigerico, cugino in secondo grado di Clotilde. Risulta piuttosto strano che Clotilde si volesse vendicare dell’assassinio dei propri genitori quando ormai l’assassino era deceduto, ma probabilmente la brutale fine del cugino Sigerico e la notizia del perpetrarsi di violenze ingiustificate alla corte burgunda possono aver mosso la sua volontà. Anche se un fattore più pragmatico e più contingente potrebbe aver spinto Clotilde a sollecitare i propri figli: Teodorico, primogenito figlio di primo letto di Clodoveo, aveva sposato Suavegotta, una figlia di Sigismondo di Burgundia. L’alleanza tra il potente e bellicoso figliastro Teodorico e l’odiata razza dei parenti burgundi, che l’avevano resa orfana in giovane età, deve aver fatto temere per il futuro dei propri figli. Clodomiro, il suo primogenito, accolse l’esortazione e attaccò la Burgundia sebbene anche lui avesse sposato una figlia di Sigismondo, Gunteuca.
Nella prima spedizione, nel 523, Clodomiro riuscì a catturare Sigismondo, la moglie e il loro figlio, in seguito uccisi e gettati in un pozzo, ma gli sfuggì Gondomaro che riorganizzò il regno attorno a sé. L’anno successivo Clodomiro tornò in Burgundia, ma perì nella battaglia di Vézeronce, presso Vienna. Ingannato da una finta ritirata del nemico e lanciatosi all’inseguimento, fu circondato, riconosciuto “dalla lunghezza della sua chioma” segno distintivo dei reali franchi, e ucciso.
La perdita del loro leader, però, invece di provocare il panico tra i Franchi, scatenò in loro una furia irresistibile, con cui devastarono il paese in un massacro indiscriminato, costringendolo nuovamente alla sottomissione.
Perché la Burgundia divenisse definitivamente provincia franca fu necessaria una terza campagna condotta dai fratelli minori di Clodomiro, Childeberto e Clotario, ma questo avvenne solo dieci anni più tardi nel 534.
Questo episodio, su cui mi sono soffermata con maggior attenzione, serve soprattutto a dimostrare, rispetto alle considerazioni precedenti, quanto fosse differente la percezione alto-medievale e germanica. Sia Sigismondo, reo di aver ucciso il proprio figlio, che Clotilde, in grado di spingere i figli in ripetuti conflitti per calcolo e vendetta, sono celebrati dalla Chiesa cattolica come Santi in virtù della loro opera di conversione rispettivamente tra i Burgundi e i Franchi.
In questa sanguinosa vicenda, da individuo del XXI secolo, avrei più volentieri eletto eroe, se non santo, il povero Clodomiro: unico ad assecondare il desiderio materno, recidivo nel tentativo di esaudirlo e unico a pagarne le conseguenze con la morte e lo sterminio della sua discendenza, come vedremo.
I figli di Clodomiro e della burgunda Gunteuca erano in giovanissima età quando morì il loro padre: Teobaldo aveva 3 anni, Guntario 1 soltanto e Clodoaldo era neonato. La madre Gunteuca fu presa in moglie dal cognato Clotario e i bambini vennero affidati alla custodia della nonna, santa Clotilde.
Il regno di Clodomiro, nella parte centro occidentale del regno Franco, venne diviso tra i fratelli Clotario e Childeberto, nell’attesa che i legittimi eredi avessero raggiunto la maggiore età.
La questione Turingia
Mentre Clodomiro assecondava le richieste materne e assestava colpi militari alla Burgundia, il fratellastro Teodorico si asteneva da ogni intromissione in quell’area.
Sebbene il suo regno fosse composto di due parti: una a nord-est e l’altra a sud-ovest, i suoi interessi furono piuttosto rivolti a est verso la regione Turingia, zona un tempo occupata dal popolo franco.
Anche in questo caso l’occasione per espandersi venne da questioni interne alle casate dei regni confinanti. In Turingia nel 528 regnavano tre fratelli Baderico, Bertario ed Ermanafrido. Quest’ultimo era sposato con Amalaberga, figlia di Amalafrida che era sorella di Teodorico il Grande, re dei Goti. Il racconto di Gregorio, come spesso accade nella narrazione di questo periodo, attribuisce un peso notevole al comportamento di una donna: Amalaberga, ben consapevole dell’importanza della propria casata, avrebbe spinto il marito Ermanafrido a disfarsi dei fratelli e ottenere tutto il regno per sé.
Ermanafrido si rivolse a Teodorico, pattuendo la spartizione del regno turingio con lui in cambio di aiuto nello sconfiggere i propri fratelli. Teodorico non se lo fece ripetere e accettò la proposta. La sconfitta di Baderico e Bertario ebbe luogo ed entrambi vennero uccisi, ma Ermanafrido non mantenne la promessa riguardo alla spartizione.
Fu così che nel 530 Teodorico marciò sulla Turingia con il proprio figlio Teodeberto e il fratello Clotario.
I turingi prepararono il campo di battaglia con uno stratagemma simile a quello impiegato molti secoli più tardi da Robert Bruce a Bannockburn, scavando delle buche di fronte alla loro prima linea, contro le cariche di cavalleria. Ma dopo una iniziale sorpresa, la superiore cavalleria franca li costrinse a indietreggiare verso il fiume Onestrudem, odierno Unstrut.
Le parole di Gregorio sono molto chiare sull’esito della battaglia: “il fiume fu coperto dai cadaveri che servivano da ponte agli invasori”.
Tutto il paese fu rapidamente sottomesso e annesso all’Austrasia. Fu così che, dopo un lungo intervallo di tempo, i Franchi recuperarono le antiche sedi della loro tribù e con una grande vittoria si stabilirono nel cuore della Germania.
Ermanafrido riuscì a sfuggire al massacro delle sue truppe, ma fatto rientrare in Turingia con la promessa del perdono, cadde accidentalmente dalle mura di Tulpiacum, l’odierna Zülpich, durante un colloquio con Teodorico, probabilmente quest’ultimo aveva qualche connessione con il fatto. Amalaperga riuscì a fuggire presso i parenti Ostrogoti assieme ai due figli.
In questa vicenda è piuttosto sorprendente che Clotario non ricevesse alcuna ricompensa territoriale per il suo aiuto nella conquista della Turingia, né che ne richiedesse una. Gregorio narra di un tentativo di Teodorico di assassinare il fratello durante la spedizione in Turingia (HF III,7) il che fa forse presupporre che egli fosse giunto solo e senza armati personali. In realtà non ottenne domini territoriali, ma un discreto bottino, tra cui Radegonda, figlia di Bertario.
A quanto racconta Gregorio però il matrimonio non fu affatto felice: Radegonda “trascorreva più tempo in preghiera che insieme al marito” e alla fine si ritirò a San Martino di Tours con la suocera Clotilde, senza aver dato a Clotario alcun figlio. Nemmeno a dirlo anche lei fu canonizzata Santa.
Childeberto
Dopo la morte di Clodomiro sembra palese che la parte del leone sia stata appannaggio dei due fratellastri Teodorico e Clotario. Teodorico fece sempre un po’ caso a sé non volendo partecipare alla conquista della Burgundia e occupandosi prevalentemente della parte più orientale del regno. Si delineava sotto di lui quella che sarà in seguito definita Austrasia, la parte germanica del regno Franco.
Clotario invece si fece promotore di ogni possibile occasione di espansione, coinvolgendo Childeberto. Questi, dal canto suo, dovette affrontare un’altra vicenda ai confini col suo regno di Parigi, ovvero la questione, rimasta pressoché irrisolta, della penisola Armoricana. Proprio nel VI secolo sempre più profughi di stirpe celto-romana attraversavano lo stretto proveniendo dalle zone a sud est dell’isola britannica. I Sassoni infatti stavano progressivamente colonizzando queste aree. Dopo un rapido raid presto interrotto Childeberto trovò un sostanziale accordo con il costituendo popolo “bretone” che rimaneva indipendente, governato dai propri duchi, pur riconoscendo l’autorità del Re di Parigi.
La questione Visigota
L’interruzione della campagna in Armorica fu causata da un’altra emergenza che richiamò Childeberto a sud.
Nel regno Visigoto era re Amalarico, nipote di Teodorico il Grande e dal nonno fortemente sostenuto. Nell’anno della morte del nonno Teodorico, il 526, Amalarico, la cui protezione da parte degli Ostrogoti in Italia appariva più incerta, aveva sposato la sorella dei re Franchi, Clotilde.
Tentava così di mantenere lontane dai suoi possedimenti le mire espansionistiche franche, in particolare dalla Septimania, unica regione della Gallia sotto il dominio Visigoto. Tuttavia il racconto di Gregorio ci dice di un matrimonio conflittuale, in cui le divergenze religiose tra Clotilde cattolica e Amalarico ariano sfociavano addirittura in maltrattamenti a carico di Clotilde.
“Haec vero multas insidias ab Amalarico viro suo propter fidem catholicam patiebatur. Nam plerumque procedente illa ad sanctam eclesiam, stercora et diversos fetores super eam proieci imperabat, ad extremum autem tanta eam crudilitate dicitur caecidisse, ut infectum de proprio sanguine sudarium fratri transmitteret, unde ille maxime commotus, Hispanias appetivit. Amalaricus vero haec audiens, naves ad fugiendum parat.”
(HF III, 10)
Quando si legge di dispute religiose bisogna considerare che all’interno del regno vi erano fazioni avverse in merito. La rapida interruzione della missione in Armorica, nel 531, il repentino intervento di Childeberto contro Amalarico, la sua facile e definitiva vittoria, ci raccontano, piuttosto che di amore fraterno, di dispacci inviatigli dai cattolici visigoti preparati a sostenerne l’offensiva. Così andò infatti: Childeberto riprese con sé la sorella Clotilde, sequestrò un ricco tesoro ad Amalarico, che secondo Giordane e Isidoro di Siviglia venne ucciso per mano dei suoi, e prese il controllo della Septimania.
Ad Amalarico succedette al trono Teudi, nobile ostrogoto, uomo di fiducia del defunto Teodorico il Grande, che fu tutore e consigliere di Amalarico. La prima decisione di Teudi fu di spostare la capitale visigota da Narbona, in Septimania, a Barcino, l’attuale Barcellona.
La resa dei conti
Avevamo osservato che la spartizione iniziale del regno tra i figli di Clodoveo non comportò crisi o lotte intestine, né in termini di guerre civili né di conflitti diretti tra eredi.
Quello che non accadde subito, nel 511, si manifestò però dopo circa un ventennio. Le cause dell’improvviso destabilizzarsi dei rapporti non ci è nota, ma cogliamo nella scomparsa di Teodorico il Grande un notevole cambiamento negli equilibri.
Se ricapitoliamo le azioni compiute dai re Franchi verso i regni vicini notiamo che certamente la posizione del regno d’Italia veniva tenuta in grande considerazione.
L’attacco alla Burgundia venne certamente approvato, in quanto volto a vendicare l’uccisione del nipote Sigerico, figlio di Ostrogota; quello verso Amalarico, grande protetto di Teodorico, avvenne solo dopo la sua morte; per la Turingia invece, in cui la nipote Amalaberga sobillò malamente il marito portando alla scomparsa del regno, fu probabilmente approvata dal re d’Italia che però pretese l’immunità della congiunta e il rientro in Italia, assieme al figlio Teodato.
La situazione nel Regno goto d’Italia era in quegli anni precaria: dopo la morte di Teodorico, nel 526, il giovane nipote Atalarico indicato dal nonno come suo successore restò sotto la reggenza materna di Amalasunta. Quando Atalarico morì a soli 18 anni nel 534, Amalasunta si associò al trono proprio il cugino Teodato, divenuto Duca di Tuscia, che però dopo un solo anno la fece relegare sull’isola Martana, nel Lago di Bolsena, per poi farla uccidere.
L’imperatore Giustiniano dal canto suo stava riconquistando l’Italia partendo dal sud, aprendo il lungo e sanguinoso periodo delle guerre greco-gotiche.
In questo quadro i Franchi compresero che, spazzato via il regno forte dei Goti in Italia, avrebbero potuto essere loro il punto di riferimento e giocare il ruolo decisivo tra Impero d’Oriente e regni barbarici.
Ma per ottenere questo risultato serviva un re forte e possibilmente un regno unito.
Fu forse per queste motivazioni di ampio respiro che Clotario e Childeberto intrapresero un’ennesima, sanguinosa impresa.
Nel 532 i figli del loro fratello Clodomiro erano ancora molto giovani e sotto la tutela della nonna Santa Clotilde, quando, mutate le condizioni politiche generali, come appena visto, Gregorio racconta che Childeberto sollevasse il problema presso Clotario. La personalità di Childeberto risulta debole e instabile dal racconto del vescovo: egli ci dice che fu mosso da invidia nel vedere quanta cura ponesse la madre Clotilde nel custodire i nipotini e il loro diritto al trono e che con quest’animo convocò il fratello Clotario a Parigi. Si risolsero entrambi di farsi affidare da Clotilde i ragazzi con l’ingannevole scusa di elevarli al trono, il che era plausibile dal momento che il nipote maggiore Teobaldo aveva circa 12 anni, ovvero stava raggiungendo la maggiore età. Tuttavia quando i ragazzi furono allontanati dalla nonna e in pieno controllo degli zii, questi mandarono un portavoce, Arcadio, a Clotilde. Il messaggero mostrò una spada sguainata e delle forbici alla santa donna chiedendole, in qualità di tutrice, se preferisse che ai fanciulli venisse tagliata la chioma o la testa.
I capelli lunghi erano simbolo della regalità, concesso solo ai regnanti ed eredi del titolo reale. Il loro taglio avrebbe significato la rinuncia a qualunque futura pretesa sul trono. Gregorio narra che Clotilde fu spaventata e dolorosamente sorpresa e che “non sapendo quel che diceva” pronunciò le seguenti parole: “Se non possono aspirare al regno preferisco vederli morti che tonsurati”.
Arcadio comunicò a Childeberto e Clotario la risposta che venne intesa come un assenso all’assassinio dei nipoti. Il primo a colpire fu Clotario che uccise in solo colpo Teobaldo, Guntario allora si gettò ai piedi dello zio Childeberto supplicandolo piangendo di essere risparmiato e Childeberto vacillò nell’intento proponendo a Clotario di salvarlo. Questi, secondo Gregorio, rispose: “Allontanalo da te o morirai per lui. Sei stato tu la causa di tutto questo e tanto in fretta ora abbandoni il proposito?”
Fu così che anche Guntario venne assassinato, mentre il piccolo Clodoaldo riuscì a fuggire e rimanere nascosto, finché adulto scelse la tonsura e accettò poi di farsi monaco a Novientum (oggi Saint-Claud).
Ma il caos tra parenti continuò. Nel 533 Childeberto e Clotario condussero assieme una spedizione in Spagna arrivando ad assediare Saragozza. Nel 534 il maggiore dei fratelli, Teodorico, morì lasciando come erede Teodeberto. Lo zio Childeberto, che non avrebbe mai osato attaccare il bellicoso Teodorico, fece un tentativo contro il nipote. Dato l’insuccesso pensò bene di farlo suo erede, dal momento che non aveva discendenti maschi, e di unirsi a lui in qualche avventura. Nello stesso anno Clotario, Childeberto e Teodeberto conquistarono definitivamente la Burgundia, ma nel 535, quando i Franchi pretesero dal famoso Teodato un pesante pagamento per la morte di Amalasunta, che era loro cugina in quanto figlia di Teodorico ma anche della zia Audefleda, sorella di Clodoveo, il riscatto fu intercettato da Childeberto e Teodeberto che non lo spartirono con Clotario.
Teodeberto, che nel frattempo aveva sposato la longobarda Wisigarda, figlia del re Wacone, compì anche un attacco alla Provenza valicando le Alpi e compiendo scorribande nella Pianura Padana. Il regno d’Italia era nel caos totale a causa delle guerre con i bizantini e nel 536 l’allora re ostrogoto Vitige cedette la Provenza ai Franchi.
Visigarda (510 – 542), principessa longobarda, figlia del re Wacone, fu regina dei Franchi Salii d’Austrasia nel VI secolo, quale moglie del merovingio Teodeberto I. Una tomba rinvenuta nella Cattedrale di Colonia le è stata attribuita con quasi assoluta certezza.
L’unificazione del regno sotto Clotario
Teodeberto ebbe un solo figlio dalla prima moglie Deoteria, cacciata dopo lo scandalo che generò l’uccisione, da parte della stessa Deoteria, della propria figlia avuta da precedente matrimonio.
Da Wisigarda ebbe una sola figlia, Berthoara, che Gregorio non menziona nemmeno, ma che troviamo citata da Venanzio Fortunato.
Quando Teodeberto morì nel 548, a seguito di una ferita, era poco più che quarantenne e lasciò il regno al figlio avuto da Deoteria, Teodebaldo, all’epoca tredicenne. Il giovane morì poco tempo dopo nel 555. Gregorio di Tours commenta che la morte fu dovuta a una malattia che dapprima lo paralizzò e in breve lo condusse alla morte.
Finì così la discendenza di Teodorico.
Dieci anni dopo morì senza eredi naturali anche Childeberto che aveva designato come eredi proprio il figlio, e poi il nipote, di Teodorico.
Entrambi i regni furono quindi di Clotario, che nel 558 divenne il solo re dei Franchi.
Continua…
Bibliografia:
- Gregorio di Tours, Historia Francorum (digitalizzazione del manoscritto)
- Gregorio di Tours, Historia Francorum (testo da Monumenta Germaniae Historica)
- Fredegario, Cronaca e continuazioni (testo da Monumenta Germaniae Historica)
- Lex Salica (testo da Monumenta Germaniae Historica)
- R. Collins, Early Medieval Europe 300-1000, London: MacMillan, 1991.
- J. M. Wallace-Hadrill, Barbarian West 400-1000, London: Hutchinson, 1967.
- J. M. Wallace-Hadrill, The Frankish Church, Oxford: Clarendon Press, 1983.
- J. M. Wallace-Hadrill, The Long-haired Kings and other studies in Frankish history, London: Methuen, 1962.
- J. M. Wallace-Hadrill (Tr.) The Fourth Book of the Chronicle of Fredegar with its continuations, Connecticut: Greenwood Press: 1960.
- I. Wood, The Merovingian Kingdoms 450-751, London and New York: Longman, 1994.
- E. James, The Franks. Oxford: Basil Blackwell, 1988.
- E. James, The Origins of France: from Clovis to the Capetians, 500-1000., London: The Macmillan Press, 1982.
- R. H. C. Davis, A History of Medieval Europe: from Constantine to Saint Louis, 2nd ed, (London and New York: Longman, 1988)
- P. Lasko, The kingdom of the Franks: north-west Europe before Charlemagne (Library of medieval civilization) Hardcover – 1971
- Emily Wilson “The rise of the Carolingians or the decline of the Merovingians? “
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