L’archeologo responsabile dello scavo Miomir Korac ha riferito a Reuters che l’alfabeto utilizzato per le formule magiche è greco, ma il linguaggio è aramaico.
Gli scheletri, risalenti al IV secolo della nostra era, sono stati trovati ai piedi di una grande centrale elettrica a carbone, sito in cui le ricerche sono attualmente in corso, prima che un’altra unità della centrale elettrica venga eretta nell’area che ospitò un’antica città romana.
Nella prima settimana di agosto, dopo aver attentamente ripulito la terra dalle ossa rinvenute, la squadra di Korac ha trovato due amuleti di piombo che, una volta aperti, hanno rivelato piccoli rotoli di metallo prezioso – argento e oro – coperti di simboli e scrittura.
Essi credono che le iscrizioni siano formule magiche, portati nelle tombe per invocare l’aiuto divino in incantesimi o rituali benefici o malefici.
“Abbiamo letto i nomi di alcuni demoni, che sono collegati al territorio della moderna Siria”, ha detto l’archeologo Ilija Dankovic.
I fragili rotoli di argento e oro, che una volta srotolati si presentano delle dimensioni di una carta da cioccolatino, potrebbero non venire mai compresi appieno.
Sono i primi oggetti del genere scoperti in Serbia, ma assomigliano ad amuleti di “magia vincolante” ritrovati in altri paesi, secondo quanto riferisce Dankovic. “Erano spesso incantamenti d’amore, imponendo su qualcuno la volontà di farlo innamorare, ma anche oscure crudeli maledizioni, qualcosa del tipo: ‘possa il tuo corpo cadere morto, freddo e pesante come questo piombo'” precisa.
Le formule venivano preferibilmente sepolte con bambini morti o adulti che avevano subito una morte violenta, aggiunge Dankovic, per la convinzione che “le anime di queste persone impiegassero più tempo per trovare pace e avessero quindi una migliore probabilità, nel loro vagare, di incontrare demoni e divinità a cui consegnare i desideri a loro affidati.
Le Defixiones e le Lamine Orfiche
Le parole dei due archeologi sembrano indicare che ritengano gli oggetti rinvenuti delle tabellae defixionum, di cui sono noti esempi in molti contesti antichi, dal VI sec. a.C. fino al VI sec. d.C.
Il termine si riferisce a piccole lamine, in genere costituite da piombo (da cui la citazione dell’archeologo Dankovic) su cui erano incise a graffio formule precise, relative a questioni agonistiche, amorose, politiche o giudiziarie. Tale pratica fu descritta dallo storico Plinio il Vecchio.
Le tabellae defixionum costituiscono una classe di reperti, che assume un particolare interesse per diverse ragioni di ordine linguistico, sociale, religioso, storico-culturale ma anche dal punto di vista paleografico poiché consentono una conoscenza più ampia delle scritture corsive nell’antichità. Ne sono state ritrovate scritte in greco, latino, etrusco, osco, celtico, iberico, punico. Talvolta la lettura è resa difficoltosa a causa dei frequenti errori che rendono complessa l’interpretazione.
I reperti appena rinvenuti a Viminacium presentano però qualche variante sostanziale rispetto alle tabellae finora conosciute, si tratta infatti di lamine in metalli preziosi come oro e argento, di solito utilizzati per un altro genere di “messaggio magico” ovvero nelle cosiddette lamine orfiche.
Queste laminette, anch’esse incise e sepolte accanto ai defunti hanno tutt’altro scopo. Servono a propiziare il transito nell’Altro Mondo e invocano le entità in grado di facilitarlo per i defunti iniziati ai misteri orfici.
La traduzione della lamina orfica di Vibo Valentia, per esempio, recita come segue:
A Mnemosyne è sacro questo (dettato): (per il mystes), quando sia sul punto di morire. Andrai alle case ben costrutte di Ade: v’è sulla destra una fonte, accanto ad essa si erge un bianco cipresso; lì discendono le anime dei morti per aver refrigerio. A questa fonte non accostarti neppure; ma più avanti troverai la fredda acqua che scorre dal lago di Mnemosyne: vi stanno innanzi custodi, ed essi ti chiederanno, in sicuro discernimento, perché mai esplori la tenebra dell’Ade caliginoso. Di’: «(Son) figlio della Greve e del Cielo stellato; di sete son arso e vengo meno: ma datemi presto da bere la fredda acqua che viene dal lago di Mnemosyne». Ed essi son misericordiosi per volere del re degli Inferi, e ti daranno da bere (l’acqua) del lago di Mnemosyne; e tu quando avrai bevuto percorrerai la sacra via su cui anche gli altri mystai e bacchoi procedono gloriosi
Testo da: Pugliese Carratelli G. (a cura di), Le lamine d’oro orfiche. Istruzioni per il viaggio oltremondano degli iniziati greci, Adelphi, Milano, 2001.
Attendiamo con interesse il completamento dell’analisi epigrafica per disvelare lo strano caso di Viminacium.
Il sito
Viminacium fu un’importante città dell’Impero romano, capitale della provincia della Mesia. La città era localizzata vicino alla moderna Kostolac.
Fondata nel I secolo sulle rive della Mlava, affluente del Danubio, durante la seconda parte del principato di Augusto o nella prima parte di quello di Tiberio. Sotto l’imperatore Claudio, in seguito all’annessione della Tracia avvenuta nel 46, il sito militare ospitò una fortezza legionaria. La nuova fortezza divenne in seguito sede della Legio VII Claudia. Fu importante “quartier generale” delle truppe romane, qui acquartierate, che condussero la prima campagna militare sotto Traiano (anni 101 e 102) contro le truppe daciche di Decebalo.
Si ritiene che l’anfiteatro rappresentato sulla colonna di Traiano a Roma, nella scena n.25 (secondo la classificazione del Cichorius) sia proprio quello di Viminacium, dove l’imperatore romano si era ritirato durante l’inverno del 101/102. Viminacium ricevette il rango di municipium sotto Adriano e all’inizio del II secolo, divenne la capitale della Mesia superiore.
Nella zona soggiornò Costantino I durante le sue campagne sarmatiche e gotiche degli anni 317-323. Alla sua morte, avvenuta nel 337, i tre figli Costante I, Costantino II e Costanzo II, convocarono una conferenza nella città per decidere la suddivisione dell’Impero lasciato loro in eredità dal padre.
Viminacium fu distrutta nel 441 dagli Unni. La sua parziale ricostruzione come forte di frontiera avvenne sotto l’imperatore Giustiniano I. Questa roccaforte fu definitivamente distrutta degli Avari nel 584.
Gli scavi finora condotti hanno portato alla luce un anfiteatro per circa 12.000 spettatori, un acquedotto e le terme, oltre alle rovine della fortezza legionaria e delle canabae, ovvero gli insediamenti civili in cui numerosi veterani delle legioni della zona si stabilirono. Sono state indagate oltre 10.000 tombe e recuperati oltre 30.000 oggetti. Non a caso è stata ribattezzata la “Pompei dei Balcani“. È stata inoltre identificata qui la tomba dell’imperatore romano Ostiliano, che vi morì di peste nel 251, e che fu seppellito dal padre Decio.
Il video di NowThisNews
Articolo originale liberamente tradotto e ampliato da La Storia Viva
Approfondimenti:
- Parco Archeologico di Viminacium
- Contributi all´interpretazione di alcune tabellae defixionum
- Le defixiones durante la Tarda Antichità e la loro iconografia
- Parole segrete: le Defixiones. Annali della Facoltà di Lettere e Filosofia, Università degli studi di Milano, 2007
- Le lamine d’oro orfiche
Devi effettuare l'accesso per postare un commento.