Chi non conosce la canzone del cane che morde il gatto che mangia il topo…
Sembra una filastrocca da bambini, con la tecnica aggiuntiva di sempre nuovi personaggi, quasi un gioco di memoria e una morale alla Esopo: c’è sempre qualcuno più forte di te.
Invece, come spesso accade nei brani di Branduardi, si tratta di una storia antica e piena di significati simbolici.
In un’intervista contenuta nel libro “Canzoni” di Giampiero Comolli lo stesso autore dice: ” È molto liberamente ispirata a un canto pasquale ebraico. Musicalmente c’è un motivo mitteleuropeo e uno arabo mescolati insieme. L’oboe e la tromba per la tradizione medioevale europea, i violini all’unisono per la tradizione arabo-orientale. La canzone ha una forma iterativa, una forma di ripetitività costante che affascina.”
Il canto a cui si fa riferimento è Chad Gadya un brano che tradizionalmente viene cantato durante la cena della Pasqua ebraica o Pesach.
La Pesach , parola ebraica tradotta in lingua italiana con “passaggio“, viene anche detta dal popolo ebraico “Zman Cherutenu”, cioè “tempo della nostra liberazione” e trae origine da una vicenda del Libro dell’Esodo in cui Dio annuncia al popolo di Israele, ridotto in schiavitù in Egitto, che Lui lo libererà e punirà gli egiziani: “In questa notte io passerò attraverso l’Egitto e colpirò a morte ogni primogenito egiziano, sia fra le genti che tra il bestiame.”
Tramite Mosè Dio ordina al popolo di Israele di marcare gli stipiti delle loro porte con del sangue di agnello cosicché: “Io vedrò il sangue e passerò oltre, colpirò invece con il mio castigo l’intero Egitto e a voi non succederà niente“.
La frase “passerò oltre” viene resa in ebraico con la parola Pesach. In inglese essa viene tradotta letteralmente con “pass over”, contratta in Passover, per indicare la festa ebraica della Pasqua. Il termine italiano “Pasqua”, invece, deriva da un’erronea trascrizione in greco (pascha), che per almeno due secoli venne spesso interpretata come un riferimento alla Passione di Gesù. In greco, infatti, “pascho” vuol dire “patire”. Il termine passò successivamente in latino.
Le celebrazioni durano sette giorni in Israele e otto al di fuori e si aprono con il momento più importante: la cena del primo giorno in cui si usa consumare i cibi e recitare preghiere in un particolare ordine. Questa cena prende il nome di Seder, parola che in ebraico significa per l’appunto ordine, durante il quale si narra l’intera storia del conflitto con il faraone, delle dieci piaghe e della fuga finale seguendo l’Haggadah di Pesach.
La celebrazione è colma di gesti visibili ed elementi necessari soprattutto perché i bambini possano osservare ed apprendere.
Al termine della lettura del libro della Haggadah shel Pesach (Narrazione della Pasqua) si intonano le dieci strofe di questo canto, in cui non si parla di un topolino, ma di un capretto, Chad Gadya appunto. Il canto, come tutto il testo dell’Haggadah, cela una quantità di significati profondi.
Questo è il video del canto originale con il testo
Provate ora a leggere verso per verso l’interpretazione e non ascolterete mai più il brano di Branduardi allo stesso modo.
1. Un capretto, un capretto che mio padre comprò per due susim. Un capretto, un capretto.
Nella tradizione ebraica il padre rappresenta il dio di Abramo, il capretto è lo stesso Abramo, comprato per due soldi: acquistare qualcosa implica l’attribuire al denaro lo stesso valore di ciò che vogliamo acquisire. I due susim, monete d’oro, rappresentano l’intera creazione, cielo e terra, che vale esattamente quanto Abramo, il primo uomo a riconoscere l’opera del Creatore.
2. E venne il gatto, che mangiò il capretto, che mio padre comprò per due susim.
Il gatto rappresenta il secondo regno, quello di Babilonia, sotto il re Nimrod. Il re, che odiava il Creatore e il suo messaggero Abramo, venne e mangiò il capretto. Secondo la tradizione ebraica, infatti, Abramo fu gettato in una fornace ardente, da cui uscì però miracolosamente.
3. E venne il cane, che morse il gatto, che…
Il cane simboleggia il terzo regno, quello del faraone, che morse il ‘gatto’ di Babilonia. “Un cane insegna la tradizione ebraica ritorna sui propri escrementi, così come un pazzo alla propria follia”. Proprio come il faraone che, a dispetto delle piaghe citate nel libro dell’Esodo continuava a rifiutare la libertà al popolo ebraico. L’Egitto superò Babilonia nella potenza senza mai però affrontare uno scontro diretto: ecco perché “morse” ma non “mangiò” l’avversario!
4. E venne il bastone, che picchiò il cane, che…
Il bastone sarebbe la verga che Dio consegnò a Mosè per colpire gli Egizi, lo strumento prodigioso che si tramutava in serpente, toccava le acque del Nilo per trasformarle in sangue e che spezzò, infine, la dura schiavitù. Simboleggia il quarto regno, quello d’Israele sulla propria terra, dove gli ebrei, sotto il segno dello scettro, ancora il bastone, del regno di Giuda costruirono il santuario di Gerusalemme. Fino a quando non venne il fuoco…
5. E venne il fuoco, che bruciò il bastone, che…
Quando il popolo ebraico si allontanò dalla Torah, un leone di fuoco scese dal cielo, assumendo la forma del regno babilonese di Nabuccodonosor e bruciando il bastone, il potere temporale, d’Israele: il tempio fu divorato dalle fiamme, gli ebrei deportati in schiavitù. Ma contro il fuoco c’è un rimedio…
6. E venne l’acqua, che spense il fuoco, che…
Il sesto regno è quello di Persia e Media, le cui fortune si sollevarono come le onde del mare sommergendo la potenza di Babilonia. “Le loro voci ruggiscono come le onde marine”, scrive il profeta Geremia riferendosi alla Media.
7. E venne il bue, che bevve l’acqua, che…
Il toro è il segno celeste che secondo la tradizione ebraica contraddistingue le fortune della Grecia, una presenza che i saggi del Talmud associano all’oscurità spirituale: i greci cercarono di oscurare la vista degli ebrei riproponendo loro l’immagine del bue e ricordando di aver perduto la connessione con il Creatore a causa dell’episodio legato a un quadrupede della stessa specie, il vitello d’oro. Il toro della Grecia macedone si bevve in un sorso l’acqua della Media.
8. E venne il macellaio, che uccise il bue, che…
Il destino del bue di Macedonia finì poi nelle mani del macellaio di Roma! Nessun’altra cultura più di quella romana è tinta nella tradizione ebraica con maggior decisione nel rosso del sangue. Affermatosi sotto il segno guerresco del pianeta Marte, Roma è la discendente spirituale di Esaù, il primo figlio di Isacco, che nacque, secondo la Genesi, coperto su tutto il corpo di una peluria rossastra. Roma rappresenta il dominio di una cultura materialistica, lo stesso al quale secondo la tradizione rabbinica sottostiamo ancora oggi attraverso il potere dei suoi eredi spirituali.
9. E venne l’angelo della morte, e uccise il macellaio, che…
Secondo la cultura ebraica, l’arrivo del Messia sarà preceduto da un periodo di grande confusione, durante il quale l’ordine naturale è destinato a essere sovvertito. La barbarie sarà spacciata per cultura e la cultura apparirà vuota di significati. La brama di consumare e di possedere crescerà a dismisura, ma troverà sempre meno occasioni di placare la propria voracità.
Il materialismo rappresentato da Roma sarà percorso da una rapacità che lo condurrà all’autodistruzione, fino a diventare l’angelo della morte nei confronti di sé stesso. Ma da questa caduta risorgerà la dinastia messianica del re Davide. Secondo i profeti vi saranno tre guerre e quindi l’avvento del penultimo regno, quello del Messia.
10. E venne l’Unico, benedetto egli sia, e uccise l’angelo della morte, che uccise…
Alla decima strofa il cerchio si chiude con il necessario ritorno al punto di partenza. L’Eterno rimuoverà definitivamente tutto il veleno spirituale cosparso sulla Terra. Anche l’istinto di fare del male, l’angelo della morte, sarà sradicato. “Allora Dio promette il Talmud asciugherà le lacrime da ogni viso e riprenderà possesso del suo regno”. Solo quando il circolo sarà completo la gioia potrà regnare in un riconciliato rapporto tra l’uomo e il suo Creatore.
Un’altra interpretazione qui e qui una lista degli studi relativi al brano
Approfondimenti Jewish Encyclopedia
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